Livello d'allerta «elevatissimo» Pronte misure anti terrorismo

Alfano: «Nessun segnale di attentati imminenti», ma nel prossimo Cdm pacchetto contro i «combattenti stranieri». Sorvegliati anche i giornali

Livello d'allerta «elevatissimo» Pronte misure anti terrorismo

RomaAllerta, ma senza allarmismi. Il brutale attacco terroristico alla redazione parigina del periodico satirico Charlie Hebdo , che è costata la vita a 12 persone, ha riflessi anche in Italia. Dove il livello d'allerta è «elevatissimo» anche se in assenza di una «traccia concreta di un segnale specifico organizzativo di eventuali attentati», dice il ministro dell'Interno Angelino Alfano, che ieri ha convocato il Comitato di analisi strategica antiterrorismo, mentre Matteo Renzi andava in visita a Palazzo Farnese dall'ambasciatrice francese Catherine Colonna.

Il radicalismo islamico che torna a colpire in Europa è un segnale «certamente da non sottovalutare», spiega una fonte dell'antiterrorismo. Subito dopo l'attacco le forze dell'ordine hanno cominciato una approfondita attività congiunta, e tra gli effetti nell'immediato c'è l'innalzamento del livello di allarme in Italia, parallelo all'individuazione degli obiettivi sensibili - sedi istituzionali, consolati, ambasciate - da proteggere, come maggiore attenzione verrà riservata anche alle redazioni. Ma in Italia l'allerta era già molto elevato da luglio scorso, quando l'uccisione del giornalista americano James Foley ha reso tristemente noto l'Is.

Quanto accaduto oltralpe non è insomma da prendere sottogamba, anche se il radicalismo islamico in Francia ha certamente numeri più consistenti. Il fenomeno, spiega l'esperto di antiterrorismo, riguarda in gran parte immigrati di terza generazione, attivi sul territorio e pronti a partire per combattere all'estero. Giovani che tendono a radicalizzarsi più che in moschea grazie al web, su cui prima si indottrinano e poi comunicano, entrando a far parte del «network» jihadista. Ma preoccuparsi, da italiani, per la relativa vicinanza dell'attentato di ieri, da un lato è eccessivo per la diversa realtà dei due Paesi (in Italia l'immigrazione è un fenomeno più recente, e limitato alla prima o alla seconda generazione), e dall'altro è riduttivo.

L'attacco parigino è considerato dagli analisti simile a quelli di Sydney - a dicembre scorso - e del Canada a fine ottobre. Nel mirino c'è il mondo occidentale. E Roma, indicata più volte come «obiettivo» negli ultimi mesi dal califfo dell'Is Abu Bakr al Baghdadi? Quella minaccia per il nostro antiterrorismo è più simbolica che reale, e il riferimento - religioso - è soprattutto alla Roma centro della cristianità. Questo non toglie che il fenomeno ci riguarda da vicino, e nessuna minaccia, nemmeno se solo potenziale, viene trascurata. Anche dall'Italia sono partiti una cinquantina di « foreign fighters » per unirsi alla jihad in Siria. Questi ultimi, obiettivo di un provvedimento ad hoc da approvare nel prossimo Cdm, sono tutti monitorati per individuare i canali di instradamento verso Siria e Medio Oriente e perché in caso di rientro - ma finora non vi sono casi noti in Italia - i reduci hanno maturato esperienza di combattimento e tecniche di guerriglia che li rendono particolarmente temibili. Colpisce, dell'attacco di Parigi, proprio l'organizzazione militare del commando.

Sotto la lente dell'antiterrorismo anche i flussi migratori, che ci vedono in prima linea e che potrebbero celare l'infiltrazione di cellule radicali. Un pericolo potenziale su cui c'è massima attenzione ma che finora non ha prodotto allarmi concreti.

Anche le moschee, spiega l'esperto, spesso additate come luoghi d'elezione per il fondamentalismo, tranne alcune eccezioni sono invece evitate da chi decide di autoradicalizzarsi, e considera «deboli e disinteressati alla jihad» quanti tra i musulmani frequentano i luoghi di culto.

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