L'iWatch non deve sostituire l'unico gioiello da uomo

In difesa dell'orologio (quello tradizionale)

L'iWatch non deve sostituire l'unico gioiello da uomo

Ci sono delle cose che agli uomini non sono proprio permesse. Una di queste è indossare gioielli: men che mai braccialetti. Certo, se fate il dj, qualche anello ve lo potete pure permettere. O se siete il capo della Lega con un passato un po' sinistro, i più indulgenti vi possono perdonare qualche residuato gitano, del tipo orecchino. Ma, in assoluto, il braccialetto è come il buon appetito al tavolo dell'eleganza: vietato.

Solo un'eccezione era concessa alla vanità maschile: l'orologio. Non si tratta tecnicamente di un gioiello, ma di fatto ne era un ipocrita succedaneo. Tanto che la sua funzione, che poi resta quella di dirci che ore sono e magari in che giorno dell'anno e della settimana ci troviamo, sta diventando residuale. Quei maledetti cellulari con stampigliata sulla schermata data e ora rappresentano una bella concorrenza: non ancora al polso, ma pur sempre in tasca. Gli orologi sono un modo per dare sfogo a tutta la compressa voglia di lusso luccicante che continuano ad avere i maschietti. Un «Grand complications» della Patek Philippe, dice la réclame, è per sempre. E per pochi, aggiungiamo noi. Visto il prezzo. Un «Paul Newman» autentico, inteso come Rolex, non come una stangata, viene battuto alle aste a più di 100K, come dicono quelli per cui l'unità di misura non è più il semplice migliaio, bensì le decine o centinaia di migliaia. E i Lange & Söhne? Mettete voi a piacimento le dieresi giuste, visto quello che costano questi gingilli della tecnologia svizzera.

Insomma, i gioielli gli uomini li avevano, e si chiamano orologi. Valgono non tanto per il materiale in cui sono fatti (certo il platino, poco appariscente, può sembrare acciaio, è apprezzato), ma per la straordinaria purezza e complicazione meccanica con cui sono fatti. Erano rimasti solo quelli.

Il rischio è che finiscano anche loro. The end . Come le cipolle di fine Ottocento che oggi praticamente te le tirano dietro (si fa per dire), nonostante le loro complicazioni. Basta vedere una delle ultime aste di Christie's o Sotheby's, tra i più forti nello smerciare orologi di razza, dove le vecchie cipolle dei nonni sono relegate nelle ultime pagine e per di più (con rare eccezioni) per pochi K, nonostante il loro valore storico.

Per colpa di questi dannati smart watch, tipo quello della Apple rivelato lunedì, i tradizionali orologi da polso rischiano in un futuro prossimo di diventare come i loro antenati: buoni per una piccola nicchia di passatisti. I Patek come i telefoni grigi con il disco numerico? Per carità, speriamo di no. Ma i collezionisti tremano. Questi smart watch fanno tutto: dal misurare la pressione a calcolare la bontà dell'aria. Maledetti.

Sono sempre connessi con il telefonino, che è sempre connesso con milioni di altre persone che sono a loro volta connesse in una ragnatela di connessioni che valgono gli intrecci del più raffinato cinturino della Rolex. E il nostro Vacheron Constantin? Noooo! Il Vacheron che viene abbandonato in un cassetto, e neanche di sicurezza, per un Samsung.

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