Mezz'ora con Pietro Grasso, al quale, non si sa mai, chiede di tenere i motori caldi, venti minuti appena con Laura Boldrini. Ma il faccia a faccia più sostanzioso è quello con Giorgio Napolitano. L'ex presidente, sempre molto attivo e molto ascoltato, una lunga esperienza di gestione di crisi politiche, in questi giorni a Palazzo Giustiniani ha tenuto quasi delle consultazioni parallele e, in serata, gira il succo dei suoi contatti e delle sue mediazioni a Sergio Mattarella. E così a fine giornata il presidente può trarre un primo bilancio. L'ipotesi di un governo istituzionale, «di solidarietà», sta tramontando e restano, dal punto di vista del Colle, due opzioni: o un Renzi-bis, o l'incarico a una personalità proposta dal segretario del Pd, Pier Carlo Padoan o Paolo Gentiloni, con il compito di favorire una nuova legge elettorale. Quanto alla durata, si parla dell'estate 2017: sarà difficile completare la legislatura, anche Mattarella pare si stia rassegnando all'idea.
Però c'è ancora un grosso problema. Il premier non vuole restare a Palazzo Chigi, non adesso almeno, e non ha ancora deciso se gli conviene mettere un suo uomo al governo. La sua linea è elezioni subito dopo la sentenza della Consulta sull'Italicum, attesa il 24 gennaio, o un impossibile esecutivo di responsabilità nazionale con una maggioranza larga, fino alla fine della legislatura. La crisi quindi si complica e i tempi s'allungano. Da un lato, il capo dello Stato freme. Vorrebbe chiudere la partita per il 15 dicembre, quando si riunisce il Consiglio Europeo. Per quella data il Quirinale vorrebbe avere qualcuno in grado di rappresentare l'Italia al tavolo dei 27 leader, anche se il dimissionario Renzi è comunque nel pieno delle sue funzioni.
Dall'altro lato non si può proprio dire che Mattarella abbia messo il turbo alle consultazioni. Il giovedì che scivola via con il confronto con le altre cariche istituzionali e Napolitano, il venerdì che sarà dominato dalla sfilata liturgica delle delegazioni più piccole, alcune dai nomi pittoreschi e oscuri ai più: Unione Sudamericana, Fare!, Partito Pensiero e Azione, Alternativa Possibile, tutti sorridenti alla photo-opportunity. Sabato toccherà ai gruppi parlamentari più importanti (anche Matteo Salvini, dopo Renzi e Grillo, non parteciperà), dove forse si capirà se ci sono margini per un'intesa sulla legge elettorale, e domenica il presidente si prenderà una pausa.
Lunedì sarà dunque il giorno della scelta, forse anche il giorno del nome. Mattarella potrebbe affidare un incarico pieno, un incarico esplorativo, sperando che un po' di nebbia si diradi. E in realtà, al netto dell'impegno europeo, il Quirinale ha agito senza fretta. Vecchia scuola democristiana mista a una naturale accortezza, il presidente che ha già ottenuto di aspettare la Consulta, ora punta a far sedimentare umori e rancori, a far scoprire le vere intenzioni dei protagonisti, a far maturare le condizioni per riuscire a ridare presto una guida al Paese, in vista di un 2017 zeppo di impegni internazionali, tra i quali la presidenza di turno del G7.
Dunque, un rallentamento controllato: l'esperienza suggerisce che ciò che è impossibile oggi, non lo è per sempre. Chissà, forse il fine settimana porterà la soluzione del rebus. Però, spiegano dal Colle, sarebbe sbagliato leggerla come una manovra contro Renzi, per archiviarne la stagione.
Piuttosto, è un tentativo per favorire una stabilità che consenta di rendere coerente il sistema di voto. E dopo nulla vieta di andare alle urne in primavera. E se nel frattempo maturasse, nel premier, la volontà di accettare un incarico... Ma non sembra aria.
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