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L'obiettivo di Xi è il blocco navale dell'isola

Tra i progetti la conquista degli isolotti di Matsu, Kinmen e Pingtan

L'obiettivo di Xi è il blocco navale dell'isola

Il vero piano del mandarino comunista, Xi Jinping, come rappresaglia alla visita di Nancy Pelosi a Taipei, sarebbe il blocco, almeno navale, dell'isola ribelle. E la conquista di isolotti minori, ma strategici, sotto il controllo di Taiwan ad un tiro di schioppo dalla terraferma cinese.

Il dragone potrebbe non solo mostrare i muscoli. Le «esercitazioni» a fuoco più che reale con lancio di missili balistici, centinaia di aerei da combattimento e decine di navi da guerra se non si fermeranno, come previsto fra il 7 e l'8 agosto, sarebbero il primo passo dell'invasione.

Il Consiglio di Taipei che si occupa delle relazioni con la Cina afferma che Pechino vuole isolare Taiwan: «Le esercitazioni stanno fisicamente bloccando le comunicazione aeree e marittime con l'isola». Il presidente comunista ha imitato il dittatore nord coreano scatenando una tempesta di fuoco e lanciando missili caduti in mare davanti a Taiwan, ma pure nella zona economica esclusiva giapponese, come monito. Il rapporto del ministero della Difesa di Taiwan dello scorso anno lanciava l'allarme su un blocco navale ed aereo dell'isola con l'appoggio della «guerra informatica e una campagna di propaganda per isolare Taiwan e costringerla ad accettare le condizioni della Cina senza un conflitto aperto».

Gli altri obiettivi a rischio sono alcune isole minori delle 150 sotto giurisdizione di Taipei. Alcuni missili balistici Dongfeng sono stati lanciati ieri verso le Matsu, che si trovano a meno di 10 chilometri dalla regione cinese di Fujian visibile all'orizzonte. Il piccolo arcipelago è pesantemente fortificato con tunnel e bunker sotterranei. La popolazione si sente cinese, ma ci sono ancora le statue di Chiang Kai-shek proibite a Taipei. Sul bagnasciuga di fronte all'isola taiwanese di Kinmen, a 6 chilometri, sono sfilati i blindati anfibi cinesi come segnale forte e chiaro. L'artiglieria cinese avrebbe tirato colpi verso l'isola Pingtan che si affaccia sullo stretto di Taiwan. Subito prima dell'escalation della crisi la difesa aerea ha sparato dei razzi per allontanare un drone armato cinese che sorvolava l'isola di Dongyin, la più vicina alla terraferma, base di un sito missilistico. Altri isolotti più lontani come Dongsha, a 300 km di da Hong Kong, e la più lontana Taiping nel Mar cinese meridionale sono presidiati da militari e potrebbero rappresentare una conquista simbolica.

«Le isole di Matsu dove vivono 13.500 taiwanesi e Kinmen con 140.000 abitanti sono stati i primi bersagli, storici, del governo di Pechino durante le precedenti crisi perché non rientravano nell'ambito del trattato di difesa reciproca tra Stati uniti e Taiwan firmato nel 1954» ha spiegato Enrico Fardella, che analizza il ruolo della Cina nel Mediterraneo.

In pochi giorni vedremo se erano solo prove generali di invasione o qualcosa di più pericoloso come il blocco navale o l'assalto agli isolotti vicini alla terraferma. La minaccia della riunificazione forzata rimane sul tappeto e secondo l'intelligence della marina Usa «è più vicina di quello che si pensa». La scadenza per il conto alla rovescia potrebbe essere il XX congresso del Partito comunista cinese in autunno che avallerà il terzo mandato al potere di Xi per altri cinque anni e potrebbe consacrarlo «leader del popolo».

Una qualifica che lo metterebbe sullo stesso piano se non al di sopra del fondatore Mao Zedong. Il padre della patria che sconfisse le truppe del generale Chiang Kai-shek costringendolo nel 1949 alla ritirata a Taiwan. Mao bombardò negli anni cinquanta proprio le isole di Matsu e Kinmen oggi di nuovo nel mirino.

La scadenza dei probabili 15 anni al potere di Xi nel 2027 coincide con il programma di ammodernamento delle forze armate cinesi lanciate dal capo supremo, che da tempo medita di entrare nella storia prendendosi Taiwan.

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