Quattro. È il numero che oggi nessuno vorrebbe, lo scenario peggiore, il più grave in questa interminabile emergenza Covid secondo il piano «Prevenzione e risposta a Covid-19» redatto dall'Istituto superiore di Sanità. E lo scenario 4 si verifica in casi di «trasmissibilità non controllata con criticità nella tenuta del sistema sanitario nel breve periodo». La Lombardia e il Piemonte sono al momento le Regioni più a rischio, secondo l'indice di contagio Rt (uno dei parametri tenuti in considerazione) e superano addirittura quota 2 (2,16, e 2,09). Nella Regione di Fontana ieri c'erano 5.278 nuovi positivi e 46 morti. In totale, dall'inizio della pandemia, i decessi in Regione sono 17.635. Domenica, a fronte di 39.658 tamponi effettuati, c'erano stati 8.607 contagi e 54 morti. Numeri alti, altissimi. «Ci prepariamo a un'intensificazione delle misure», ha detto Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato tecnico scientifico, e sono proprio le due Regioni citate che sembrano ormai rassegnate alla chiusura totale.
Ma cosa succede a questo punto? Quali saranno le misure - non ancora confermate - se scatterà nello scenario 4? «Restrizioni generalizzate con estensione e durata da definirsi rispetto allo scenario epidemiologico», accanto alle «limitazioni della mobilità da/per le zone interessate», ma anche la «chiusura delle strutture scolastiche/universitarie», sempre per l'estensione e la durata richieste dall'andamento dell'epidemia, «ed attivazione della didattica a distanza sempre ove possibile». Conte ha specificamente parlato, in Aula, di una limitazione della circolazione delle persone da e verso le Regioni considerate più a rischio.
Nelle scorse ore, erano circolate ipotesi relative ad altre norme legate all'appartenenza di una Regione alle aree/fasce più a rischio: tra le altre, la possibilità di estendere alle scuole medie la didattica a distanza, la chiusura di negozi e attività commerciali la chiusura di bar e ristoranti anche a pranzo e dei barbieri.
E un allarme intanto arriva dal Presidente dell'Ordine dei Medici di Milano, Roberto Carlo Rossi: «Di una cosa siamo certi: la situazione sia nelle strutture sanitarie ospedaliere che anche nella medicina del territorio è diventata insostenibile. È necessario intervenire con un lockdown immediato ed efficace». «Non esistono - scrive - piccoli rimedi a grandi problemi, così come non si può giocare a scaricare su altri ruoli e responsabilità: senza interventi drastici non può che peggiorare. Soprattutto se non ci si attrezza seriamente per tutelare i medici». Rossi sottolinea «la ferma ed unanime decisione di tutto il nuovo Consiglio milanese dell'Ordine nell'avanzare una richiesta di provvedimenti restrittivi immediati». Una misura che lo stesso sindaco, Beppe Sala però non sembra voler avallare. «Ad oggi, lato Regione, non si ipotizza nemmeno lontanamente di andare verso un lockdown stile marzo-aprile. E io condivido» ha spiegato, intervenendo in Consiglio comunale, dopo aver incontrato il governatore lombardo Attilio Fontana che spiega: «Aspettiamo il Dpcm». Intanto si corre ai ripari e il presidente della Regione ha scritto al premier per sollecitare l'immediato ristoro degli imprenditori costretti alla chiusura.
Insomma, la posizione della Lombardia sembra chiara: a nuove potenziali restrizioni, devono corrispondere dal governo gli aiuti, indicando quanto e quando, per chi viene chiuso. Questo in linea di principio. Poi c'è la pratica.
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