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Per l'omicidio di Tobagi pagano solo i giornalisti

Walter Tobagi poteva essere salvato. Lo dice Renzo Magosso, che con il cronista del Corriere della Sera ha diviso il pane e le lotte sindacali.

Per l'omicidio di Tobagi pagano solo i giornalisti

Walter Tobagi poteva essere salvato. Lo dice Renzo Magosso, che con il cronista del Corriere della Sera ha diviso il pane e le lotte sindacali. Tobagi aveva calpestato le piste e le inchieste già fatali al giudice Emilio Alessandrini, aveva capito prima dello scandalo P2 che banche e massoneria stavano infiltrandosi nel Corriere, diceva che i partiti assoldavano giornalisti compiacenti, tanto da far imbufalire alcuni colleghi «rossi» persino l'ultima sera della sua vita. Tobagi ha fondato Stampa democratica, era un rompiscatole, voleva portare agli estremi «quella ricerca ideologica che mi pare preliminare per qualsiasi mutamento, miglioramento nei comportamenti collettivi». È per questo che il commando di estremisti di sinistra Brigata XXVIII marzo l'ha ammazzato in via Solari il 28 maggio del 1980. A sparare è stato (anche) Marco Barbone, figlio di Donato, manager del Corriere che abitava a pochi passi da via Solferino. L'ha fatta quasi franca perché si è pentito, ma tant'è. L'Arma sapeva che era nel mirino, ma nessuno glielo disse mai. «O Tobagi avrebbe accettato l'invito del direttore Franco Di Bella di andare a Pechino con la moglie Stella e i figli», ha sempre detto Magosso. Che aveva fonti buone, un maggiore conosciuto grazie a un cane curato (gratis) dallo zio veterinario e morto in strane circostanze. A confermargli la notizia nel 2004 sul settimanale Oggi diretto allora da Umberto Brindani fu l'ex carabiniere Dario Covolo, a cui l'aveva rivelata l'infiltrato Rocco Ricciardi. Per aver difeso questa verità Magosso è stato condannato, poi scagionato e risarcito dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. Ma il generale Alessandro Ruffino, superiore di Covolo e marito del giudice milanese Carmen Manfredda (che conosceva bene Alessandrini), ha riportato Magosso alla sbarra a Brescia. Quando la verità dà fastidio e i colpevoli sono a spasso, i cattivi perfetti sono i giornalisti.

Se ne riparla il 3 novembre.

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