L'onda verde-azzurra che ha travolto il Friuli rosso

Dopo Monfalcone, Trieste e Pordenone adesso anche la Regione rischia di cambiare direzione

L'onda verde-azzurra che ha travolto il Friuli rosso

Le piazze piene, le bandiere verde-rosso sventolanti, le braccia allungate a cercare una stretta di mano del Rottamatore, giunto da Firenze fin qui, in Friuli-Venezia Giulia, per tirare la volata alla sua prima candidata governatrice da neo segretario del Pd. Era l'aprile del 2013, e Debora Serracchiani avrebbe vinto poco dopo le elezioni regionali. Per una manciata di voti, ma con il serbatoio pieno dell'entusiasmo collettivo che scorreva nel renzismo degli albori. Sono trascorsi cinque anni ed è in questo lembo di Nordest divenuto, dopo il Molise-Ohio, un laboratorio politico in grado di spegnere o riaccendere i forni della trattativa di governo, che domenica potrebbe certificarsi l'ulteriore svolta a destra del Paese, dopo il verdetto delle Politiche. E forse compiersi il giro di boa decisivo per uscire dallo stallo di governo.

La svolta che in verità anche qui si è già verificata il 4 marzo, con il 44 per cento ottenuto dalla coalizione formata da Fi, Lega e Fdi, non è una novità. Era stata già abbondantemente annunciata con il cadere uno per uno, negli ultimi due anni, dei comuni friulgiuliani considerati inespugnabili roccaforti rosse. A partire da Monfalcone, la città di Fincantieri, mai un sindaco di destra fino al 2016, quando la classe operaia delusa di fronte ad appalti e subappalti sempre più appannaggio di manodopera da Bangladesh, India ed Europa dell'Est, ha abbandonato il Pd per la Lega. Poi è toccato a Trieste e a Pordenone. Nel capoluogo di regione amministrato da un fedelissimo di Debora Serracchiani, l'uomo nuovo è arrivato dal passato. L'ex sindaco per due mandati, Roberto Di Piazza, si è ripreso la città sotto i vessilli del centrodestra unito, mentre alle porte bussavano i flussi dalla rotta balcanica e dei migranti che respinti dal cuore dell'Europa si rifugiavano tra i silos e i parchi affacciati sul mare. Nemmeno la nuova politica del rigore con cui la governatrice uscente si è attirata le accuse di razzismo dai compagni di sinistra, è servita. Mentre l'ex segretaria dem cercava di intercettare l'insofferenza galoppante nei quartieri più difficili, da tempo nelle piazze e nelle arene televisive Massimiliano Fedriga mieteva consensi sul malcontento per l'amministrazione piddina. Oggi, alla vigilia del voto, il leghista candidato unitario del centrodestra, è dato per stra-favorito sul rivale, Sergio Bolzonello, già vice di Serracchiani per cinque anni. Non c'è solo la debacle del Pd, ma pure la difficile salita dei cinque stelle in questo «nord produttivo», (copyright del leghista Giorgetti), dove la narrazione pentastellata non sfonda. Il candidato Alessandro Fraleoni Morgera, ricercatore universitario, cerca di capitalizzare l'assist ricevuto con la visita, ormai dieci giorni fa, di Luigi Di Maio.

Ma la campagna è competitiva anche nel centrodestra, con i leader Salvini e Berlusconi che per tutta la settimana hanno percorso in lungo e in largo la regione da 1,2 milioni di abitanti, da cui potrebbe arrivare una nuova prova di forza

della coalizione. Che dopo aver strappato il sogno del Molise ai cinque stelle, potrebbe mettere in fila la quarta regione del nord, dopo Lombardia, Liguria e Veneto. E riaccendere così, o spegnere, vecchi e nuovi forni.

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