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Da Londra all'Australia la rabbia delle donne

"Non siamo giocattoli". Proteste in 42 città su molestie e violenze. Come in Inghilterra

Da Londra all'Australia la rabbia delle donne

«Non ci zittirete». «Il troppo è troppo». «Vogliamo il cambiamento e lo vogliamo ora». «Rispetta le donne, non siamo giocattoli». Slogan, cartelli e canti. Quarantadue città e oltre 110mila persone sono scese in strada in Australia nella «March 4 Justice», unite dall'indignazione per le violenze sessuali, le molestie e le discriminazioni contro le donne. Ragazze, signore di ogni età, ma anche molti uomini. Una marcia replicata per solidarietà anche a Londra, ventiquattrore dopo il raduno a Parliament Square, dove un migliaio di inglesi domenica ha protestato contro il duro intervento della polizia il giorno prima su una folla pacifica, composta in gran parte da donne. Si erano mobilitate per lo sdegno dell'omicidio di Sarah Everard, 33 anni, uccisa da un poliziotto mentre rientrava a casa.

Dal Regno Unito all'Australia è un grido di rabbia ed esasperazione collettivo, un neo-femminismo che sembra figlio del #MeToo e arriva dopo molti scandali e sempre più denunce, tante delle quali sembrano avere a che fare con uomini di potere, ma che in gran parte riguardano invece il quotidiano, fischi e commenti insistenti sull'aspetto, molestie per strada e in ufficio, e quella rivelazione comune: il senso di insicurezza perenne in cui vivono le donne nelle nostre città.

Nella capitale inglese a far traboccare il vaso è stata l'amara coincidenza di un agente di polizia assassino e di un intervento sproporzionato degli agenti durante la veglia pacifica per la giovane uccisa e contro la violenza sulle donne. A spiegare invece il grido di indignazione che si leva dall'Australia, si è alzata a Canberra la voce di Brittiny Higgings, 26 anni, vittima di una delle due storie che hanno scatenato la protesta. Ex assistente politica, un mese fa ha deciso di denunciare lo stupro che ha subito due anni fa all'interno del Parlamento. Il colpevole è un collega, un ex impiegato del Partito Liberale, il partito conservatore al governo. «La mia vicenda è finita sulle prima pagine solo perché ha dolorosamente ricordato che, se può succedere in Parlamento, può accadere ovunque», ha detto la giovane con la voce rotta dalla commozione. Il primo ministro Scott Morrison, alla guida di una coalizione di centrodestra, si è scusato con la ragazza la settimana scorsa, dopo che Higgings è stata interrogata dalla ministra della Difesa, sua superiore, nell'ufficio ministeriale in cui era avvenuta la violenza. Il primo ministro ha ammesso di essersi reso conto della gravità di quanto accaduto solo dopo che sua moglie gli ha chiesto di immaginare come avrebbe reagito vittima fosse stata sua figlia.

Ma a sconcertare le australiane si aggiunge lo scandalo che coinvolge il ministro della Giustizia, Christian Porter, accusato di uno stupro avvenuto nel 1988 ed emerso solo ora. La donna aveva 16 anni e lui 17 al momento della presunta violenza. L'accusa fu archiviata per mancanza di prove ma la donna si è suicidata l'anno scorso. Il ministro nega tutto e intanto resta al suo posto.

«È come se un un'ondata di rabbia stia investendo il Paese. Credevo che non avrei mai visto un giorno così», dice una delle manifestanti australiane, femminista di lungo corso, mentre a Londra le inglesi, dopo il delitto firmato da un poliziotto e le maniere forti degli agenti, denunciano di non sentirsi tutelate nemmeno dalle forze dell'ordine, nonostante alla guida di Scotland Yard ci sia la prima donna a ricoprire il ruolo di capo commissario in 188 anni di storia. «Essere costantemente importunate, aver paura di camminare per le strade, aver paura di indossare certe cose, aver paura di camminare al buio. Questo succede a una donna ogni singolo giorno, quattro, cinque, sei volte al giorno».

Una denuncia ormai globale, destinata ad accendere nuove proteste.

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