Il meglio della politica a Westminster, durante la seduta straordinaria per ricordare la deputata uccisa Jo Cox. Il peggio della bagarre politica fuori dal Parlamento, ora che la campagna elettorale è ripresa dopo lo stop seguito all'omicidio. Si infuoca nuovamente il dibattito sulla Brexit, l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea che gli inglesi potranno scegliere oppure bocciare con il referendum di giovedì. Un sondaggio del Financial Times registra un pareggio al 44% ma dalla parte della Ue si schiera ora pure la Premier League: «Siamo per la permanenza» spiega il presidente Richard Scudamore. Intanto si scopre che proprio nel giorno clou, quello del voto, l'assassino di Jo Cox, Thomas Mair, comparirà davanti alla Corte penale di Londra per l'udienza preliminare del processo in cui è imputato per omicidio. Ieri è apparso in video, dalla prigione di Belmarsh, davanti ai giudici del tribunale Old Bailey a cui ha confermato le sue generalità senza chiedere la libertà su cauzione.
Ma è fuori dalle aule, del Parlamento e dei tribunali, che lo scontro si riaccende, protagonista ancora lui, Nigel Farage, l'uomo che alla fine ha mosso il referendum, costringendo il premier Cameron a chiamare gli inglesi al voto. È a causa del leader del partito euroscettico che l'ex sottosegretaria agli Esteri dei Conservatori, la Baronessa Warsi, ha annunciato di lasciare il fronte del Leave, favorevole alla Brexit, sdegnata per gli eccessi della campagna elettorale. «Siamo pronti a dire bugie, a diffondere odio e xenofobia solo per vincere una campagna elettorale? Per me è troppo», ha detto al Times mentre anche la mamma di Harry Potter J.K Rowling definiva la campagna «la più cattiva» mai vista nella sua vita.
Al centro della polemica ancora il poster diffuso nei giorni scorsi dall'Ukip con un messaggio anti-immigrati esplicito. Lo slogan è «Breaking Point» (punto di rottura) e mostra, alle spalle di Farage, migliaia di migranti in coda lungo la frontiera tra la Croazia e la Slovenia. Per questo il leader dell'Ukip è stato denunciato per razzismo mentre il ministro delle Finanze George Osborne ha definito il manifesto «ignobile» e lo ha paragonato alla propaganda nazista. Farage non si scompone, anzi rilancia attaccando il primo ministro e i sostenitori del Remain, il sì permanenza di Londra nella Ue, di cavalcare l'omicidio della Cox per fini elettorali: «Stanno tentando di confondere le azioni di un pazzo con le ragioni di metà dei britannici che pensano che dovremmo riprendere il controllo dei nostri confini».
E sempre in tema di frontiere, la sorpresa arriva dal leader del Labour Jeremy Corbyn che, entrato in ritardo nella campagna elettorale anti-Brexit, finisce involontariamente per lanciare un assist ai suoi avversari. Parlando alla Bbc, Corbyn ha approfittato per lanciare il suo messaggio contro il governo, spiegando che invece di prendersela con gli immigrati, gli elettori dovrebbero avercela con l'austerity imposta dal governo Tory. Poi arriva pure l'autogol, nella sincera ammissione che finché la Gran Bretagna resterà nell'Unione europea sarà impossibile fissare un tetto al numero di immigrati.
I ruoli si confondono e ora, per evitare di essere associato agli estremisti dell'Ukip, modera i toni e gli argomenti l'ex sindaco di Londra, il conservatore Boris Johnson. Paladino dell'uscita dalla Ue, Boris spiega come anche in caso di Brexit sarebbe necessaria un'amnistia a favore degli immigrati illegali da oltre dodici anni nel Paese.
C'è quasi del pietismo, invece, nei toni del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk che chiede agli inglesi: «Restate, c'è bisogno di voi. Senza, non solo l'Europa ma l'intera comunità occidentale sarà più debole».
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