Forse l'Unhcr, l'Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite, potrebbe aver in parte raccolto l'allarme lanciato nei giorni scorsi da Fabrice Leggeri, il direttore esecutivo di Frontex, l'agenzia Ue responsabile del controllo delle frontiere e della missione navale Triton. Leggeri segnalava la presenza di circa un milione di migranti pronti a partire dalla Libia nelle prossime settimane, e l'Unhcr potrebbe fronteggiare una vera e propria invasione attraverso un piano per il reinsediamento ordinato di migliaia di profughi siriani dall'Europa del Sud verso i Paesi del Nord. Il programma pilota, della durata di un anno, è stato presentato all'Unione Europea. Lo rivela il britannico Guardian che parla di una lettera inviata all'Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Federica Mogherini, e al commissario europeo per gli Affari interni e l'Immigrazione, Dimitris Avramopoulos. Tecnicamente rappresenta un drastico cambio di rotta delle politiche europee, che ad oggi obbligano i richiedenti asilo a presentare domanda nel primo Paese Ue di ingresso. Secondo Vincent Cochetel, direttore per l'Europa dell'Unhcr, i Paesi europei non sarebbero preparati di fronte agli arrivi dei barconi su larga scala previsti per aprile. «Più di due terzi di quanti sbarcati in Italia sono andati via senza aver lasciato le impronte digitali o una corretta identificazione - ricorda - in un momento di crescente preoccupazione per la sicurezza dei movimenti dalla Libia questa situazione è anormale. Non tutti quelli che dicono di essere siriani o palestinesi lo sono veramente. E non tutti sono rifugiati».
Il piano dell'Unhcr si delinea al momento come unica alternativa a un intervento alla fonte per fermare l'esodo biblico perpetrato dalle azioni jihadiste nell'Africa nera. Il «trasloco» dei profughi nel nord dell'Europa è un rischio calcolato. Non a caso in Svezia, Danimarca e Finlandia esistono le più popolose comunità di immigrati siriani. A Stoccolma opera per i rifugiati Zekiye Arsan, presidente e riferimento di quasi 230mila persone che sono scappate in Scandinavia dopo aver assistito negli ultimi trent'anni ai troppi orrori sull'asse Damasco-Bagdad. Arsan plaude solo in parte all'iniziativa dell'Agenzia per i rifugiati.
«Il sostegno è fondamentale e innegabile, poi però bisogna fare i conti con la disoccupazione, che non ha risparmiato persino la florida Svezia, ed è una delle cause che alimenta la jihad. Molti nostri giovani nel 2014 sono partiti per Raqqa da Stoccolma, Uppsala e Malmoe. Comprando un biglietto aereo per Istanbul o Beirut.
Il proselitismo viaggia alla velocità della luce, soprattutto se tra i nuovi arrivati dovessero esserci delle mele marce». Parole in netto contrasto con quelle di Cochetel, convinto di «opportunità di lavoro maggiori nei Paesi del Nord, dove molti cercano di arrivare per ricongiungersi con altri familiari».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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