"Loro impilano decreti. Intanto la mie magliette stan passando di moda"

Il titolare di Kontatto: "Il governo? Non voglio prestiti. Ma che levi le tasse e riapra i negozi"

"Loro impilano decreti. Intanto la mie magliette stan passando di moda"

È una gara contro il tempo. «Dobbiamo assolutamente tornare nei negozi per maggio, altrimenti la situazione diventerà drammatica, ma per correre abbiamo bisogno di eliminare la nostra zavorra: le tasse».

Parla tutto d'un fiato Federico Ballandi, 53 anni, imprenditore bolognese, titolare di Kontatto, uno dei brand più importanti di quella che oggi si chiama fast fashion e un tempo era il pronto moda. «Stavamo andando benissimo, avevamo appena partecipato ad una fiera straordinaria a Mosca, tutta girava per il verso giusto».

Adesso?

«Adesso si affastellano i decreti che cambiano un giorno sì e l'altro pure».

Ma lo Stato non ha promesso di aiutarvi?

«Per ora non ho visto un centesimo e sto anticipando i soldi per la cassa integrazione, ma non è questo il punto».

E qual è?

«Dobbiamo dimostrare di essere vivi, quindi dobbiamo riempire gli scaffali il più velocemente possibile».

Le banche vi presteranno i soldi.

«Allora non ci siamo capiti: i soldi le banche ce li danno comunque».

Sicuro?

«Il distretto bolognese è formato da 350 aziende che hanno inventato il pronto moda e raggiungono fatturati importanti. Se ci sediamo a un tavolo non è che ci mandano via».

E allora?

«Io adesso ho bisogno che lo Stato mi alleggerisca, devo poter volare per non mancare l'appuntamento con la mia clientela, con le donne, con le signore che dopo due mesi in gabbia vogliono tornare a comprare una maglia, una gonna, una camicetta. Ma forse non è chiaro che la mia merce è deperibile».

Scusi, i vestiti come la frutta e il formaggio?

«Le collezioni che avevo preparato per la primavera fra un mese o poco più dovranno essere rinfrescate, riviste, aggiornate nei colori. E poi, se questa pausa dovesse prolungarsi ancora, perderanno qualunque appeal».

Risultato?

«I golfini e i jeans finiranno in magazzino o al macero, comunque usciranno dal circuito commerciale. Purtroppo, questo dato, strategico, è completamente assente dal dibattito politico. Anche se la moda è un un pilastro del made in Italy».

Che cosa si aspetta?

«Che non muoia il mio sogno, nato 25 anni fa. Abbiamo creato una filiera straordinaria: produciamo, distribuiamo, arriviamo sugli scaffali in tempi rapidissimi. E mi lasci dire che i nostri non sono prodotti dozzinali. Ora tutte queste competenze e abilità rischiano di rimanere impantanate, mentre il governo scrive e riscrive i suoi provvedimenti. Dobbiamo accelerare e invece siamo incagliati fra pastoie, cavilli, attese e mezze promesse di riapertura».

Come farete, a proposito, per mantenere standard di sicurezza negli stabilimenti e nel retail?

«Ci stiamo attrezzando. Stiamo sanificando gli impianti, abbiamo dotato tutti di mascherine e ci stiamo preparando anche per gestire gli ingressi contingentati nelle botteghe. Ma dobbiamo fare presto. E poi un vestitino che ci costa 20 euro deve arrivare fra le mani di una ragazza a 40 euro, non a 70.

Vi prego: per il 2020 via l'Iva, via i contributi, via le imposte. Non importa se i bilanci saranno in rosso. Lo Stato ci tolga tutti questi pesi, ci faccia questo regalo, questo solo, e noi ricominceremo a fare la nostra parte e a spingere avanti il Paese che oggi arranca».

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