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L'ospedale covid di Emiliano? Chiuso perché senza bagni

Doveva essere la copia di quello alla Fiera di Milano: è costato 17 milioni pubblici, il doppio del previsto

L'ospedale covid di Emiliano? Chiuso perché senza bagni

Lampade accatastate. Gru in movimento. Operai che corrono da una parte all'altra. Il video di Telebari non promette nulla di buono: a una manciata di giorni dall'attesissima inaugurazione, l'Ospedale contro il Covid non c'e ancora. C'è invece un'inchiesta della Procura di Bari che cerca di illuminare l'ultimo mistero non proprio glorioso di Michele Emiliano: il Fiera Hospital, pallidissima e sbiaditissima imitazione di quello realizzato a Milano al Portello.

In Lombardia i capitali privati hanno permesso la nascita a tempo record di una struttura che, dopo un momento di sbandamento iniziale, si è posizionata sulla prima linea della lotta alla pandemia. In Puglia, invece, la confusione regna sovrana dall'inizio di un'operazione pensata male e cresciuta peggio.

Ai blocchi di partenza il governatore Michele Emiliano immagina una pagina di grandeur: 160 posti letto, tutti di terapia intensiva. Insomma, un ospedale da campo per fronteggiare l'emergenza e da realizzare in soli 45 giorni nella cittadella fieristica del capoluogo pugliese. Si parte con una spesa preventivata di 8 milioni, forse 8,5. In ogni caso, denari pubblici.

Ma non è così. A gennaio, ormai all'ultimo miglio, si scopre che le carte in tavola sono cambiate. I costi sono raddoppiati: siamo ormai intorno ai 17 milioni se non di più. Non solo: i letti di terapia intensiva sono scesi vertiginosamente a 14, forse 28. E gli altri che fine hanno fatto? Gli operai che stavano ultimando i moduli bucano di nuovo le pareti perché mancano i bagni. E senza water e lavandini è difficile pure immaginare i pazienti.

Sembra una follia e forse lo è. Di certo, Emiliano corregge in corsa il suo progetto, forse perché quello iniziale poggiava su fondamenta esili: «Stiamo realizzando un vero ospedale. Stiamo pensando a dotarci anche di un eliporto». E poi due sale operatorie e la Tac. Oltre, naturalmente, alle docce.

Qualcosa, e pure più di qualcosa, non quadra. Un vero ospedale dentro la Fiera? «È la fiera dello spreco», gioca facile Raffaele Fitto, riproponendo un duello, l'europarlamentare contro il presidente della regione, che fa luccicare vecchie ruggini e riassume il derby politico della Puglia.

I gabinetti e gli elicotteri. Ma non solo: dove andare a prendere i medici, gli infermieri, gli anestesisti necessari per mettere in moto le attrezzature? I sindacati sono sul piede di guerra, la stampa locale aggiorna quotidianamente la drammatica telenovela, Emiliano ostenta sicurezza e nervosismo.

Salta fuori, incredibile, che l'affitto del terreno costa 111mila euro al mese, un pedaggio che nel tempo rischia di diventare insostenibile. Eppure Emiliano che ha riconvertito la terapia intensiva in letti ordinari, punta sul domani per dare un senso a chi un senso non ce l'ha: «Sarà l'ospedale del dopo emergenza».

Fitto intanto continua a martellare, fra interrogazioni e blitz dei colonnelli di Fratelli d'Italia: «Se era per 14 posti di terapia intensiva, avremmo potuto spalmarli nelle tante cliniche della regione, risparmiando una valanga di soldi e senza dover inseguire da una parte all'altra centinaia di camici bianchi e di infermieri che non abbiamo».

Quando è troppo è troppo: la Procura apre l'immancabile indagine esplorativa, senza indagati e senza capi d'imputazione, al momento, ma con troppi quesiti.

Il conto alla rovescia è ormai agli sgoccioli: ci sarà il fatidico taglio del nastro il 28 febbraio?

Tutti si affannano nella scatola vuota, in ritardo su un cronoprogramma già accidentato.

Si aspetta la prossima puntata.

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