Magistratura

L'ossessione dei pm per Berlusconi: perquisito Dell'Utri per le stragi del '93

Blitz della Dia su ordine dei pm di Firenze in casa e ufficio dell'amico del Cav. Il solito teorema: i due dietro le bombe di mafia. Indagata anche la moglie dell'ex senatore

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Sono passati trent'anni dalle stragi di mafia del 1993, più di vent'anni dalle prime rivelazioni dei «pentiti» che accusavano Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri di essere i mandanti di quegli orrori. E secondo la Procura di Firenze l'ex senatore Dell'Utri conserverebbe chissà perché ancora in qualche cassetto le prove in grado di incastrarlo, i documenti che mancano a chiudere il cerchio di una accusa da ergastolo. Così l'altro giorno il procuratore aggiunto Luca Turco e il suo collega Luca Tescaroli mandano la Dia a Milano a perquisire la casa e lo studio di Dell'Utri. A mezzavoce, i due pm fiorentini fanno sapere che è uno degli ultimi passaggi prima di chiudere l'inchiesta che si trascina da anni. Una inchiesta che aveva due indagati, e oggi ne ha uno solo: perché il bersaglio vero, Silvio Berlusconi, è morto il 12 giugno, togliendo alla Procura l'ultima chance di processarlo per strage. Ma il contenuto del decreto di perquisizione e soprattutto l'elenco delle carte che sono state materialmente portate via dimostrano chiaramente che nel mirino c'è sempre Berlusconi, tutto ruota intorno a lui: la colpevolezza di Dell'Utri nel teorema dei pm fiorentini regge solo se è colpevole anche il Cavaliere. E viceversa.

Si presentano in sette, gli uomini del centro toscano della Direzione investigativa antimafia, nella casa milanese di Dell'Utri. Sono le otto di mercoledì mattina. Quando gli annunciano la visita della Dia, l'ex senatore chiama subito il suo difensore Francesco Centonze, il legale che lo ha assistito negli ultimi anni, e che gli è accanto nel ricorso che la Corte europea dei diritti dell'Uomo non si decide a mettere in calendario. I poliziotti consegnano il decreto e si mettono al lavoro. Svuotano armadi e scrivanie, si fanno consegnare le chiavi della cassaforte e aprono anche quella. Si capisce in fretta cosa cercano. Non si illudono di trovare le foto di Giuseppe Graviano, il boss mafioso che secondo loro era l'interfaccia di Dell'Utri. No, cercano le prove dei rapporti economici, politici, privati di Dell'Utri con Berlusconi. Trovano lettere private tra il fondatore della Fininvest e il suo braccio destro, e sequestrano anche quelle. Cercano estratti conto, bonifici, movimenti di soldi tra i due. Ma è l'intera storia di una amicizia durata mezzo secolo che i pm sembrano voler ricostruire.

Cosa trovano? «Elementi utili», fa sapere Repubblica che ieri rivela in esclusiva l'avvenuta perquisizione. Carte già acquisite in altre inchieste già finite in niente, fa sapere l'avvocato Centonze. Ma più di quello che trovano è significativo quello che gli inquirenti cercano. La Procura fiorentina (o almeno Turco e Tescaroli: non si sa cosa ne pensi il nuovo Procuratore, Filippo Spiezia) è convinta che la prova regina del ruolo di Berlusconi e Dell'Utri siano i passaggi di soldi, il «prezzo del silenzio», la ricompensa a Dell'Utri per avere passato anni in carcere senza accusare l'amico. Sono interventi avvenuti alla luce del sole, dall'acquisto della villa sul lago di Como ai trenta milioni in eredità. Ma la Procura non si accontenta, pensa che ci sia dell'altro, movimenti esteri, fiduciarie occulte. E questa caccia al «tesoro» colpisce anche Miranda Dell'Utri, la moglie dell'ex senatore, che si ritrova anche lei indagata: trasferimento fraudolento di valori, sarebbe l'accusa.

Passare al setaccio i rapporti personali e di soldi tra Dell'Utri e Berlusconi serve ai pm per mettere l'ultimo tassello all'accusa: le stragi del 1993 e il fallito attentato all'Olimpico del 23 gennaio 1994 avevano come obiettivo «indebolire il governo Ciampi» e «diffondere il panico tra i cittadini in modo da favorire l'affermazione del progetto politico di Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri».

Una «pista già a prima vista del tutto incredibile e fantasiosa», la definisce il difensore Centonze, sulla quale «atti e documenti coperti da segreto istruttorio continuano ad essere oggetto, in tempo reale, di illegittima rivelazione e di successiva pubblicazione su organi di stampa».

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