L'Italia ha scommesso sul nuovo corso di Al Sisi e sul ruolo stabilizzatore che questo può giocare nella regione. Oggi però il rapporto privilegiato che Roma vanta nei confronti dell'Egitto rischia di andare in corto circuito per la vicenda di Giulio Regeni, il giovane trovato morto al Cairo. I rapporti tra Italia ed Egitto sono sempre stati molto solidi all'interno del bacino del Mediterraneo. La presenza italiana costituisce infatti una sorta di testa di ponte per la proiezione verso il Nord Africa e il Medio Oriente. La relazione italo-egiziana ha un valore strategico anche per il Cairo, che vede nell'Italia la via più facile per accedere al mercato europeo. In ballo c'è un interscambio da 4,1 miliardi di euro, che entro la fine dell'anno diventeranno quasi il doppio. I 900 progetti di investimento sono favoriti dall'assenza di un tessuto imprenditoriale strutturato in Egitto che ha aperto uno spazio consistente per le aziende italiane, in grado di fornire competenze tecniche e industriali. Poi ci sono, altrettanto importanti, accordi che riguardano la lotta al terrorismo e all'immigrazione clandestina, e le misure da adoperare nella crisi libica. Matteo Renzi è stato il primo leader occidentale ad atterrare al Cairo, il 2 agosto 2014, per stringere la mano al presidente Abdel Fattah Al Sisi, che si era insediato appena due mesi prima. Una visita preceduta da due missioni dell'allora ministro degli Esteri Mogherini e dai viaggi del ministro dell'Interno Alfano e della Difesa Pinotti. Nel novembre dello stesso anno Al Sisi volò a Roma (prima volta in Europa) in veste ufficiale e l'anno successivo ancora Renzi si presentò nella terra delle piramidi per il vertice di Sharm el-Sheikh. E se non ci fosse stato in ballo la questione Regeni, il ministro per lo Sviluppo economico Guidi sarebbe partita la prossima settimana alla volta dei Cairo per organizzare un nuovo vertice bilaterale.La vivace attività diplomatico-economica è giustificata dal fatto che l'Egitto ha le carte in regola per presentarsi come potenza stabilizzatrice della regione. Il Cairo ha saputo giocare il ruolo di negoziatore nel conflitto israelo-palestinese, ha interesse a risolvere il dossier libico ed è al centro di tutte le questioni legate alla lotta al terrorismo di matrice islamica. L'Egitto è una nazione minacciata dalle cellule jihadiste: non è un mistero che Al Baghdadi vorrebbe usare il Cairo come avamposto per il Maghreb. La presenza del gruppo Ansar Beit al-Maqdes, i Partigiani di Gerusalemme (autori dell'attentato all'aereo russo sui cieli del Sinai) è molto di più di una spina nel fianco. Il Cairo ha posizioni più interventiste rispetto all'Italia e ha colpito in passato postazioni del sedicente Stato islamico sia nel Sinai che in territorio libico, dopo l'uccisione di 21 cristiani copti egiziani, utilizzando indistintamente F-18 e Mirage 2000 di fabbricazione Usa, e Mig 29 e Sukhoi su-27 di provenienza russa. Gli egiziani hanno un debole per le armi e ancora di più per i militari: di fatto dopo re Faruq a governare la nazione sono stati Nasser, Sadat, Mubarak e appunto Al Sisi, tutti generali. Quando l'ingegner Mohamed Morsi, leader della Fratellanza musulmana, prese il potere, ci furono sollevazioni popolari che portarono 30 milioni di egiziani in strada. Gli stessi che si astennero colpevolmente dal voto favorendo la vittoria del Partito Libertà e Giustizia.
«La sfida egiziana è anche la nostra sfida, la stabilità dell'Egitto è la nostra stabilità», ha dichiarato Renzi il 13 marzo dello scorso anno da Sharm el-Sheikh. Mai come in questo momento però i due Paesi sono distanti. La morte del giovane ricercatore friulano è uno strappo che va ricucito per rigenerare un rapporto vitale nel traballante scacchiere del Mediterraneo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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