«Aiutateci ad aiutarvi». Ha la potenza di uno slogan concepito da un bravo copywriter l'appello recapitato dai medici di emergenza con una lettera scritta dalla Simeu al governo, nelle persone del premier Giuseppe Conte e del ministro della Salute, Roberto Speranza. Un messaggio in una bottiglia che naviga in un mare tempestoso e che rischia a ogni secondo di infrangersi contro gli scogli.
Notizie dalla trincea: i medici non ce la fanno più. Mancano gli strumenti, le protezioni, gli uomini, i riposi, la lucidità. Arrivano solo pacche sulle spalle (a distanza) e ringraziamenti. Che fanno piacere ma non servono. Eppure Palazzo Chigi non sembra riconoscere questo ruolo fatidico. «Dispiace constatare - scrive Roberto Manca, presidente nazionale della Società italiana della medicina di emergenza e urgenza - che le misure previste dal decreto in discussione non prevedano nessun intervento a sostegno dei Pronto soccorso e della medicina d'emergenza-urgenza» Eppure «i professionisti dell'emergenza-urgenza sono in prima linea in tutti i pronto soccorso d'Italia e mai come in questo momento rappresentano un esempio di lavoro multidisciplinare, in stretta collaborazione con tutti gli specialisti che accorrono in aiuto e sostegno ai malati, tutti insieme a combattere la battaglia contro questo nemico tanto silenzioso quanto veloce».
Che cosa chiedono i medici? «Servono dotazioni organiche e strutturali, aumento dei posti nella specializzazione di Medicina d'emergenza-urgenza, organizzazione delle Obi (Osservazioni brevi intensive, ndr) e terapie sub-intensive di medicina d'urgenza. Siamo al vostro fianco tutti i giorni tutto il giorno». Manca in realtà vede anche il bicchiere un po' pieno: «Ci stiamo anche rendendo conto che è in atto lo sviluppo di una nuova consapevolezza del nostro ruolo e la società civile tutta ci sta dimostrando in vario modo tanta gratitudine ed empatia». Ma non vuole che questo spirito si disperda con l'emergenza: «Il nostro augurio è che, una volta superata questa crisi, non vengano archiviate le necessità, le problematiche che attanagliano in tutta la loro gravità il sistema dell'emergenza-urgenza e con essa i Pronto soccorso italiani».
Altro appello, altra lettera,stessi guai. I rianimatori si sono rivolti direttamente al presidente sella Repubblica Sergio Mattarella. Con una lettera firmata da Alessandro Vergallo, presidente dell'Aaroi-Emac, l'Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani-Emergenza area critica, per chiedergli un aiuto ad avere più mascherine. «Le scrivo in rappresentanza dei medici anestesisti rianimatori e dell'emergenza-urgenza, coloro ai quali in primis sono affidati tali pazienti, per chiederLe di intervenire a proposito del problema costituito dalle esigue scorte dei dispositivi di protezione individuale (Dpi), soprattutto di quelli con i livelli di sicurezza più alti, adeguati alla prevenzione dei contagi nelle manovre cliniche più suscettibili di contatto diretto con il virus, quali sono quelle messe in opera sui suddetti pazienti per sostenerne la funzione respiratoria». Una carenza che, scrive Vergallo, «rischia di paralizzare o quantomeno di rallentare, soprattutto nelle realtà regionali a oggi maggiormente colpite dalla pandemia, l'efficacia del loro impegno nel tentativo di salvare il maggior numero possibile di vite umane».
E poi c'è la Croce Rossa.
Che chiede a gran voce, a braccetto con il ministero della Salute, «medici, infermieri, operatori socio sanitari e personale sanitario con disponibilità immediata per supporto nelle aree più colpite». Al numero 4353535 hanno mandato un sms circa cento adesioni. Qualcosa si muove anche in trincea.
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