Ha lasciato la sua casa prima che sorgesse il sole. Da ieri Domenico Lucano, sindaco di Riace, indagato per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina dalla Procura di Locri, non è più agli arresti domiciliari ma non può più mettere piede nel paese divenuto un modello di accoglienza oggi demolito dall'inchiesta sulla gestione dei fondi pubblici erogati dal Viminale. Intorno alle 6 del mattino si è chiuso la porta alle spalle per raggiungere un vicino centro della Locride: «Questa è una persecuzione, una cosa senza senso. Io via da Riace? Un'assurdità. Ma che reati ho commesso?». Resta nel comune di residenza invece, la compagna etiope di Lucano, per la quale il divieto di dimora è stato declassato al solo obbligo di firma. Lui gira per la Locride in macchina, non ha ancora scelto dove fissare la propria dimora. «Sono in giro perché non ho un luogo fisso dove stare. Per quattro ore ho dormito nella macchina. Ho una borsa, ho messo quattro cose, io vengo dalla militanza, sono abituato».
Il provvedimento del tribunale del riesame di Reggio Calabria, che ha revocato la misura cautelare cui il primo cittadino era sottoposto dal 2 ottobre, ha provocato una valanga di solidarietà di una parte del mondo politico e non solo, che da 48 ore fa a gara per unirsi alla voce del sindaco esiliato e per ospitarlo. La rivolta contro la decisione dei magistrati viene innescata da un tweet di Roberto Saviano, che cita Dante: «Vieni dietro a me, e lascia dir le genti». Twitta anche l'attore Beppe Fiorello: «Il tempo ti darà ragione, hai regalato un sogno al mondo e lo faremo vedere, ti hanno isolato e fatto fuori come fossi il peggiore dei mafiosi (liberi ancora di agire). Sei scomodo perché tu hai il volto della Calabria giusta, nuova, libera e felice». E twitta pure il dem Matteo Richetti: «Se ti impediscono di dimorare nella tua città, vieni a Roma e aiutaci a portare il modello Riace in tutto il Paese». Arriva poi l'invito del sindaco di Napoli, Luigi De Magistris: «Caro Mimmo lo so che non lascerai la tua e nostra amata Calabria ma se vuoi ti ospitiamo con amore a Napoli. Il divieto di dimora nella tua Riace è peggio dei domiciliari. Ma non potranno mai arrestare la rivoluzione».
All'ondata in giornata decide di reagire il ministro dell'Interno, Matteo Salvini: «Se un giudice dice che non può mettere piede nel proprio Paese, evidentemente Lucano non è un eroe dei tempi moderni - attacca - Chi c'era prima di me al ministero dell'Interno, di ben altro colore politico, aveva già iniziato delle inchieste e sollevato dei dubbi e delle perplessità. Ci sono state evidentemente delle irregolarità, perché altrimenti noi non avremmo chiesto trentaquattro chiarimenti. Vogliamo solo che vengano rendicontate le spese effettuate, visto che si tratta di denaro pubblico». Gli risponde subito, Lucano, che incassa la solidarietà della sinistra e ringrazia: «A Salvini vorrei dire che non mi sento certo un eroe e che, a differenza di lui, ho imparato a non denigrare mai nessuno». La sinistra si ricompatta. Si schiera anche il governatore del Lazio, in pole per la segretaria del Pd, Nicola Zingaretti: «Penso che Lucano sia un esempio e sia una persona che è stata lasciata sola ad affrontare un tema immenso e a quel modello di integrazione dovremmo guardare con grande attenzione».
Intanto i 150 migranti che si trovano ancora nel paese, vengono assistiti dalla compagna di Lucano e dai volontari internazionali, che con il sindaco sono determinati a portare avanti con
l'autofinanziamento il progetto Riace". «Proseguiremo senza soldi pubblici», giura Mimmo. Anche perché il governo, dopo l'inchiesta, ha smantellato definitivamente il modello decretando l'uscita del comune dal sistema di accoglienza Sprar.
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