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Lucas, il signore della droga (incastrato per una pelliccia)

Conquistò gli Usa con l'eroina, poi collaborò per svelare la corruzione nella polizia. La sua storia ispirò Hollywood

Lucas, il signore della droga (incastrato per una pelliccia)

È vissuto due volte, è morto una volta sola. Comunque una di troppo. Il mondo del crimine saluta Frank Lucas, che inondò la New York degli anni Settanta di droga, finendo per guadagnare un milione di dollari al giorno.

La prima vita di Lucas è stata quella vera, la seconda quella cinematografica, della quale ha scritto una sceneggiatura vivente con la sua esistenza scaltra e spericolata. Lucas è stata una figura fondamentale nella vita quotidiana della New York della prima metà degli anni Settanta, la «fear city», la città della paura, come la definiva un volantino che agenti in borghese distribuivano a chi arrivava in un luogo che anche al cinema era narrato con il volto feroce di Robert De Niro, lo psicopatico Travis Bickle di Taxi Driver di Martin Scorsese.

Di questa New York inquietante e laida, che da un lato inaugurava orgogliosa la turgida verticalità delle Torri Gemelle e dall'altra viveva incubi collettivi come il grande blackout del 13 e 14 luglio 1977, Lucas era uno dei sindaci sotterranei. Nato il 9 settembre 1930 a La Grange, una cittadine della Carolina del Nord, si era trasferito da bambino ad Harlem, il quartiere nero di Manhattan, a nord di Central Park. Un luogo scosso per tutti gli anni Sessanta da spasmi di rivolta, come i «riot» del 1964 scoppiati dopo l'uccisione di un adolescente nero disarmato da parte della polizia e durati sette giorni; un luogo nel quale le parole di Malcon X e Martin Luther King fornivano carburante alle frange più paranoiche e violente di una popolazione nera sempre ai margini. Un luogo talmente malfamato che il fotografo Jack Garofalo nel 1970 vi trascorse settimane a ritrarne la furibonda vitalità.

Qui Lucas fece la sua gavetta da malvivente, diventando l'autista e poi il delfino di Ellsworth «Bumpy» Johnson, il nero che controllava il giro dell'eroina nella Grande Mela Marcia. Quando nel 1968 «Bumpy» morì e si aprì la corsa alla sua successione sul trono del narcotraffico, fu Lucas a imporsi con studiata strategia. Un successo contrastato da molti ma legittimato poi da una magnifica diabolica idea: importare la droga direttamente dal Sud-Est asiatico per poterla immettere sul mercato più pura e più a buon mercato.

Erano anni in cui New York galleggiava su un mare di «Blue Magic», così lo stesso Lucas aveva ribattezzato il suo prodotto. Anni di potenza assoluta per Lucas, che però commise l'ingenuità di presentarsi a un incontro di boxe, Ali-Frazier, al Madison Square Garden, con un cappotto e un cappello di cincillà. Due capi da 125mila dollari, vistosi e orribili, che gli attirarono antipatie e le attenzioni non gradite dell'ispettore capo della polizia Richard M. «Richie» Roberts, che con un lungo lavoro investigativo riuscì a incastrare il boss e a farlo condannare a 70 anni di carcere.

C'è una scena famosa nel film «American Gangster», diretto nel 2007 da Ridley Scott e ispirato all'epopea di Lucas, che racconta del suo arresto. Roberts ha saputo da una soffiata che un ingente carico di «Blue Magic» sta arrivando con un aereo militare decolalto dal Vietnam. Riesce ad avere un mandato di perquisizione ma l'unica cosa che il capitano non gli permette di controllare sono le bare che dovrebbero contenere i corpi di alcuni soldati americani morti nella insensata guerra indocinese. La droga deve essere là dentro e inizia un inseguimento dei feretri che si conclude con una retata. I due, Lucas e Roberts, nel film interpretati rispettivamente da Denzel Washington e da Russell Crowe, finiranno con gli anni per diventare amici e sarà il poliziotto, nel frattempo diventato avvocato, a spingere Lucas a collaborare con la giustizia e a permettergli di avere un sostanzioso sconto di pena (da 70 a 15). Nei primi anni Novanta Lucas uscì di galera e da allora visse a Newark occupandosi di filantropia.

Un angelo in sedia a rotelle nel corpo che fu di un diavolo.

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