L'Ue ci trattiene la caparra. Resta l'incubo manovra-bis

Bruxelles ottiene il blocco di 2 miliardi come garanzia sul deficit al 2,04%. Ma il governo è in libertà vigilata

L'Ue ci trattiene la caparra. Resta l'incubo manovra-bis

Il premier Conte ha lasciato a Bruxelles un bell'assegno. La Commissione europea ha dovuto per vari motivi accettarlo, ma ha paura che al momento dell'incasso risulti scoperto. Il tono con cui il vice presidente Valdis Dombrovskis ha annunciato alla stampa l'intesa con il governo giallo-verde è un esercizio di guardinga diffidenza: «La soluzione sul tavolo non è ideale, non è una soluzione a lungo termine per i problemi economici italiani, ma in questa fase ci consente di evitare di aprire una procedura per debito». E l'espressione chiave (ripetuta più volte) è «in questa fase». Poi l'affondo: «la composizione delle misure annunciate e il bilancio complessivo sollevano delle preoccupazioni». Infine un serie di condizioni a cui il via libera resta ancorato: «se», «posto che», «a patto che»....

L'ultima cosa che Dombrovskis e il commissario agli affari economici Pierre Moscovici avrebbero voluto fare era aprire una procedura contro l'Italia. Non per amore del Bel Paese ma per timore di prestare il fianco a leghisti e grillini, pronti a utilizzare lo scontro in campagna elettorale. I due hanno così dovuto accettare le pezze multicolori che l'avvocato Conte era pronto a fornire per rattoppare la manovra. Allo stesso tempo, davanti agli occhi degli italiani ballavano un paio di cifre sulle vendite di titoli pubblici in calendario. Con la fine del quantitative easing la Bce (che reinvestirà solo l'ammontare dei titoli in scadenza) assorbirà solo il 15% dei nuovi Btp, contro il 50% del 2017. Tutto il resto, ben 27 miliardi a medio e lungo termine solo nel mese di gennaio, dovrà essere acquistato dagli investitori privati. Una loro fuga ci metterebbe direttamente in mano alla Troika.

Su queste basi è maturata l'intesa, ma la fiducia è altra cosa. Gran parte dei risparmi annunciati, ha detto Dombrovskis, sono legati al ritardo di reddito di cittadinanza e riforma delle pensioni. «Ma questo vuol dire che quando le due misure entreranno in vigore, si tradurranno in costi più alti per gli anni a venire. Per il 2020 e il 2021 l'Italia intende compensarli con l'aumento dell'Iva, clausola di salvaguardia che Roma non ha mai usato. Se sarà così anche questa volta, dovranno trovare grandi risorse da qualche altra parte». E proprio per quanto riguarda risorse e limiti di deficit Bruxelles ha ottenuto il blocco di 2 miliardi di investimenti pubblici. Una sorta di «garanzia» che potrà essere «scongelata» solo se quota 2,04% sarà mantenuta. Ma la «rimodulazione», come ha eufemisticamente detto il premier Conte nel suo discorso di ieri in Parlamento, sbilancia ancora di più una manovra tutta puntata sull'oggi delle spese correnti piuttosto che sul domani degli investimenti.

In tutti i casi gli esami non sono finiti. Anzi: «molti commissari», ha detto ieri Dombrovkis, «hanno espresso l'esigenza di rimanere vigili e monitorare la situazione italiana». Il primo check della Commissione, per verificare che la manovra votata sia uguale a quella promessa, è fissato al 9 gennaio. Il 21 e 22 toccherà ai Ministri delle Finanze. Se alla fine i conti non tornassero, l'unica strada da percorrere sarebbe quella di una manovra correttiva. In caso contrario la procedura di infrazione potrebbe essere avviata ai tempi supplementari.

Al Consiglio dei Ministri europei servirebbe una maggioranza qualificata, ma secondo Lorenzo Codogno, ex capo economista del Tesoro, non sarebbe un problema raggiungerla. «Il rischio non si è azzerato. Io lo vedo ancora intorno al 20/30%».

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