Il ministro dell'Economia Giovanni Tria andrà in Europa con due linee. Quella ufficiale, in difesa della manovra. Quella ufficiosa, che mira a rassicurare i colleghi che quel deficit messo nei documenti ufficiali alla prova dei fatti sarà diverso.
Oggi sarà comunque un passaggio chiave per i rapporti tra il governo italiano e le istituzioni europee. All'Eurogruppo i ministri delle finanze non potranno che parlare del Documento programmatico di bilancio italiano, bocciato dalla Commissione europea. Del deficit al 2,4% del Pil che l'esecutivo europeo, spalleggiato dai paesi dell'Unione e di Eurolandia, ha respinto al mittente. Ma anche delle singole misure, in particolare la riforma delle pensioni e il reddito di cittadinanza.
Per finanziarli il ministro dell'Economia ha inserito nella legge di bilancio due fondi da 6,7 e 9 miliardi. Stanziamenti che potrebbero essere spesi solo in parte (si veda il Giornale del 2 novembre). Quindi anche l'obiettivo del deficit potrebbe essere rivisto al ribasso nel corso dell'anno, se le due misure dovessero rivelarsi meno costose.
Si stanno preparando paletti e disincentivi che ridurranno la platea degli interessati. Ieri ambienti ministeriali pentastellati hanno sottolineato come il reddito di cittadinanza sarà riconosciuto sulla base dell'Isee, quindi del reddito familiare. Caso concreto: «la moglie dichiara un reddito di 1.000 euro all'anno. Il marito dichiara 100mila. Sebbene la donna rientri, per i redditi individuali, nella soglia, non riceve integrazione perché l'Isee è sicuramente sopra la soglia di 9.360». Sulle pensioni si conta sul disincentivo del divieto di cumulo e sulle finestre. Il tutto è comunque rinviato a due decreti attuativi, da approvare in contemporanea alla manovra.
Tutti questi sforzi non serviranno a convincere l'Europa della bontà della manovra italiana. I ministri economici dell'area euro sosteranno la linea dura scelta dalla Commissione Juncker, che per la prima volta (anche se si tratta di una procedura modificata recentemente) hanno respinto un documento di bilancio di un paese membro.
Le spinte per arrivare a un compromesso sono tante. La Francia - al netto delle posizioni del commissario agli Affari economici Pierre Moscovici, impegnato in una campagna elettorale interna - vorrebbe un'intesa. La Germania non la esclude, ma non senza un costo per l'Italia.
Poi ci sono i paesi del Nord. La famosa «Nuova lega anseatica». Prendono il nome dell'alleanza commerciale medioevale incentrata sulle principali città tedesche, ma nella versione del terzo millennio non conta tra i suoi membri la Germania. Capofila dello strano cartello è l'Olanda, poi Finlandia, Irlanda, Slovacchia, Repubblica Ceca, Estonia, Lituania, Lettonia, Danimarca e Svezia.
Nei giorni scorsi sono entrati a gamba tesa nella vera questione chiave di questi giorni che è la riforma dell'Esm, il meccanismo salva stati.
Si sono fatti portatori di una linea estrema che punta a fare pagare il costo del salvataggio interamente sul paese salvato e su chi detiene i titoli del suo debito. Posizione uscita a mercati aperti, che forse non è quella maggioritaria, ma avrà un peso determinante.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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