L'Ue si spacca sulle sanzioni. E l'Italia adesso rischia grosso

I governi europei divisi sulle sanzioni, Polonia e Paesi baltici spingono per "sanzioni devastanti", più caute Italia e Germania a causa delle esposizioni nel settore energetico e bancario. Le banche italiane con 25 miliardi sono le più esposte al mondo verso la Russia

L'Ue si spacca sulle sanzioni. E l'Italia adesso rischia grosso

Storicamente le sanzioni colpiscono sia chi le riceve sia chi le effettua ma, se il destinatario è univoco (la Russia), i soggetti che le effettuano sono molteplici e le conseguenze diverse da nazione a nazione. All'interno dell'Unione europea convivono varie anime che propendono per un approccio differente; se i Paesi baltici e la Polonia spingono per una risposta più dura possibile, Germania e Italia, pur condannando senza mezzi termini l'escalation militare russa, sono più caute sulla proposta di “sanzioni devastanti”. I motivi sono molteplici e, da una prospettiva tedesca e italiana, comprensibili.

Le banche italiane sono le più esposte al mondo, insieme a quelle francesi, verso la Russia con 25,3 miliardi a cui aggiungere altre potenziali esposizioni come i quasi sei miliardi di garanzie.

Gli interessi economici europei in Russia sono numerosi e non si limitano solo al settore bancario, basti pensare che Shell è socia di Gazprom e Renault, Volkswagen e Stellantis producono e vendono le proprie automobili anche in Russia, così come altre grandi aziende europee (solo per citarne alcune Danone, Nivea, Carlsberg).

Il rischio di un effetto boomerang è concreto e, tra le principali realtà italiane più colpite, sarebbero le banche Intesa Sanpaolo e Unicredit oltre a Stellantis. Tra le banche francesi più esposte c'è Société Générale che opera in Russia attraverso la controllata Rosbank con circa 3 milioni di clienti ma anche la banca austriaca Raiffeisen Bank che ha realizzato in Russia il 39% dei propri profitti.

Senza contare il settore energetico con l'Ue che dipende per oltre il 40% dal gas russo, percentuale che aumenta al 50% per il nostro paese. Da non sottovalutare inoltre il tema delle materie prime, in particolare per l'alluminio e il titanio. Ma il rapporto economico tra Italia e Russia (siamo la quinta nazione per export) è molto più radicato e va dal settore vitivinicolo al turismo fino a numerose piccole e medie imprese. Già le sanzioni introdotte nel 2014 dopo l'annessione della Crimea hanno portato a conseguenze negative sul nostro sistema imprenditoriale come emerge da un dossier dell'Ispi ma questa volta la situazione è molto più grave.

Nel complesso l'interscambio commerciale russo verso il resto del mondo vale 785 miliardi di dollari e solo l'Italia vende alla Russia prodotti per 8 miliardi e ne compra per 9 miliardi essendo uno dei principali partner commerciali europei.

È inevitabile che i timori italo-tedeschi siano differenti da quelli del governo inglese che, pur non essendo nell'Ue, è fautore della linea più dura contro la Russia. Se la Presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha promesso un nuovo «pacchetto di sanzioni massicce e mirate» con le quali colpire i «settori strategici dell'economia russa», la Gran Bretagna si è spinta oltre mettendo al bando tutte le banche russe dal mercato finanziario della City.

Alla proposta di escludere la Russia dal sistema Swift, l'Italia e la Germania sono tra le nazioni Ue più caute (insieme a Cipro e Ungheria) perché consapevoli delle conseguenze economiche devastanti che questa scelta potrebbe comportare, basti pensare che per l'Italia bloccare l'accesso della Russia a Swift significherebbe chiudere il canale attraverso il quale paghiamo il gas.

Una posizione diversa da quella polacca che spinge invece per l'esclusione russa a Swift a cui ha fatto eco il presidente lituano e la premier estone. I capi di Stato e di governo europeo non hanno discusso nel dettaglio le sanzioni da adottare contro la Russia ma ne hanno definito il perimetro «queste sanzioni riguardano il settore finanziario, i settori dell'energia e dei trasporti, i beni dual use, nonché il controllo e il finanziamento delle esportazioni, la politica dei visti, gli elenchi supplementari di persone russe e i nuovi criteri di inserimento».

Nel frattempo la Cina ha confermato l'acquisto di orzo e grano russo (la Russia è il più grande

esportatore di grano al mondo) tenendo fede all'accordo firmato tra Putin e Xi Jinping l'8 febbraio e offrendo un piano b tutt'altro che irrilevante al Cremlino in caso di sanzioni su larga scala da parte dell'Occidente.

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