L'ultima beffa per i giustizialisti. Ora la palla passa all'indagato Grillo

Il comico torna al timone. Defilato per le inchieste, tocca a lui sbrogliare la matassa

L'ultima beffa per i giustizialisti. Ora la palla passa all'indagato Grillo

Il Tribunale di Napoli rimette in pista un «Grillo azzoppato». La sentenza, pronunciata sul ricorso di un gruppo di attivisti che demolisce la leadership di Giuseppe Conte, riconsegna le chiavi del Movimento al «riservista» Beppe Grillo (nella foto). E riabilita Casaleggio. Si ritorna al 2013. Alle origini. Ai giorni in cui il Movimento fu saldamente nelle mani del comico. Immune da correnti, contese per la leadership e guerre di potere.

Otto anni azzerati in tre minuti: il tempo impiegato dal giudice del Tribunale di Napoli per la lettura del dispositivo che spazza via Conte, Casalino e la sua corte. Tre minuti che segnano la resurrezione del fondatore. Ma non è più il leader spavaldo di otto anni fa. Che marciava incontrastato, con la spinta del popolo, verso i Palazzi romani. Oggi è un capo al tramonto. Azzoppato. Un padre nobile triste e deluso. Che si ritrova (di nuovo) alla testa del Movimento nel momento più difficile: i sondaggi in picchiata e la guerra Conte-Di Maio hanno trasformato il sogno pentastellato in un incubo. La sentenza cancella gli ultimi sei mesi: via Crimi (il reggente), via Conte (il leader) e via i vicepresidenti.

Un assist inaspettato per il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e la sua pattuglia schiacciati dalla leadership contiana. Riecco Grillo. Unico e solo al comando. Il comico, travolto dalle due inchieste (sul figlio per violenza sessuale e l'altra sui presunti favori al gruppo Moby), viene ri-catapultato al centro della scena politica. Lo showman era già pronto al passo d'addio. L'ultimo tentativo di mediazione, nei giorni scorsi, per siglare la tregua tra Di Maio e Conte era fallito. Ai suoi più stretti collaboratori aveva confidato la tentazione di gettare la spugna. Soprattutto dopo la gaffe su Belloni. Nelle ore calde della trattativa per l'elezione del Capo dello Stato, Conte aveva chiesto l'aiuto di Grillo sull'operazione che doveva portare al Colle la numero uno del Dis. Il suo tweet («Benvenuta Signora Italia, ti aspettavamo da tempo. #ElisabettaBelloni») si rivela un clamoroso autogol: la candidatura della Belloni salta. A Grillo restano la figuraccia e l'irritazione verso Conte. Epilogo di un declino.

Negli ultimi due anni a spingere Grillo verso il passo di lato sono state le inchieste. Le due indagini. La prima che coinvolge il figlio Ciro sulla presunta violenza sessuale di gruppo ai danni di una ragazza. La seconda inchiesta, quella sui presunti favori ricevuti da Moby, è stata la mazzata finale. Grillo risulta indagato per traffico di influenze illecite. Ora il colpo di scena. Grillo si ritrova al timone di una nave che rischia il naufragio. Solo e senza vice. Monarca assoluto. Ma è un re nudo. Debole. Accerchiato. La sentenza impone a Grillo di convocare la votazione del direttorio. Votazione già indetta, e poi revocata, ad agosto quando entrò in rotta di collisione con Conte sulle modifiche dello Statuto. Da un lato, Grillo dovrà guidare l'azione politica del partito di maggioranza relativa in Parlamento e primo socio del governo Draghi. C'è subito il dossier nomine: 350 poltrone da assegnare o rinnovare per i prossimi mesi. Chi tratterà in nome e per conto del Movimento? I grillini di governo spaccati nelle due correnti (dimaiana e contiana)? O sarà Grillo in quanto leader di fatto dei 5s?

E poi il dossier Giustizia. Chi darà la linea al Movimento su un tema così caro? Grillo, Di Maio o Travaglio? Dall'altro dovrà sbrogliare la matassa sull'organizzazione del Movimento. Non è in programma alcuna visita a Roma. L'ipotesi più gettonata nelle chat è che il comico possa optare per un vertice collegiale tenendo dentro Di Maio e Conte. Ma è difficile che l'ex premier possa accettare un ridimensionamento. C'è chi azzarda. In una situazione di totale caos non si esclude che Grillo possa tenere in mano le redini del Movimento.

Bloccare tutto: votazione del direttorio ed elezione del nuovo capo politico. Un colpo di scena che riporterebbe Di Maio al suo originario ruolo di figliuol prodigo. E metterebbe Conte fuori gioco. Un colpo di teatro. Da parte di un comico.

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