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L'ultima follia della Boldrini: censurare la democrazia

Nel Mantovano eletta una consigliera "fascista". La presidente s'infuria e chiede l'aiuto di Minniti

L'ultima follia della Boldrini: censurare la democrazia

Roma - Come volevasi dimostrare. I «fasci» vincono e gli autoproclamati difensori della democrazia si ritrovano sull'orlo di una crisi di nervi. Con la presidente della Camera, Laura Boldrini, in prima fila.

La storia è nota: nel piccolo comune di Sermide e Felonica, provincia di Mantova, tra le liste in corsa c'è «Fasci italiani del Lavoro», partito creato da Claudio Negrini, e la cui figlia, Fiamma, è candidata sindaco. Non è la prima volta che sulla scheda compare quel simbolo al profumo di Ventennio. Il partito col fascio littorio aveva già presentato una sua lista alle elezioni nel 2002, nel 2007 e nel 2012, senza mai sollevare polemiche.

Stavolta succede l'imponderabile. Ben 334 elettori votano per Fiamma, il 10,41 per cento dei votanti. E la ragazza, 20 anni, si ritrova consigliera comunale. E pensare che a una settimana dal voto, in seguito a una sassaiola «social» contro Negrini e il suo partito, papà Claudio aveva pensato di evitare le polemiche chiamandosi fuori: «Inizialmente volevo sospendere la campagna elettorale per tutelare i membri della lista - aveva raccontato all'Adnkronos - ma sia l'intervento di mia figlia Fiamma che quello degli altri due candidati sindaci Mirco Bortesi e Anna Maria Martini, che ringrazio, mi hanno fatto cambiare idea». La storia di tolleranza di provincia diventa però un clamoroso successo elettorale, rendendo virale la vicenda. E moltiplicando i mal di pancia.

Tra i più fastidiosi, quello accusato dalla terza carica dello Stato, Laura Boldrini. Che ha chiesto «aiuto» a Marco Minniti, lamentandosi con il titolare del Viminale per quella lista col fascio littorio «presentata e ammessa» alle elezioni, con una decisione che «desta forti perplessità». Cercando conforto in leggi e regolamenti contro l'affronto, Boldrini pesca le «istruzioni per la presentazione e l'ammissione delle candidature» diramate dalla direzione dei servizi elettorali del ministero a maggio scorso. Lì, ringhia, c'è scritto che vanno ricusati «i contrassegni con espressioni, immagini o raffigurazioni che facciano riferimento a ideologie autoritarie (per esempio, le parole fascismo, nazismo, nazionalsocialismo e simili)». E invece i «fasci del lavoro» sono passati indenni.

Di fronte alla «questione di particolare gravità» sollevata dalla furiosa Boldrini, Minniti scatta senza indugi. E il prefetto di Mantova revoca i malcapitati funzionari della sottocommissione responsabili della svista-attentato alla democrazia. Che, però, appunto, è democrazia. E non può toccare la volontà manifestata dagli elettori che hanno scelto di portare la Fiamma candidata per i «Fasci» dentro il Consiglio comunale del paese del Mantovano.

«Un risultato straordinario», esulta papà Negrini, che invece di alimentare le polemiche fa sfoggio di fair play: «Quello non è il fascio littorio ma il fascio della Repubblica sociale italiana, sono 15 anni che presento lo stesso simbolo in tutt'Italia e nessuno ha mai avuto nulla da ridire.

Vorrà dire che la prossima volta lo cambierò».

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