L'ultima guerra di un'invincibile

Il virus è democratico. Non fa distinzioni di censo

L'ultima guerra di un'invincibile

Il virus è democratico. Non fa distinzioni di censo. Dunque puoi essere anche una regina, anzi «LA» regina e lui, il maligno, si infila tra i corridoi dei manieri, nei saloni delle dimore storiche, in preciso del castello di Windsor là dove Elisabetta II sta trascorrendo questi giorni. Positiva, dunque, ma in forma lieve, i sintomi sono appena accennati, la situazione è sotto controllo, il regno è più unito di sempre, sangue, sudore, lacrime e vaccino, non uno, nemmeno due, anzi tre quelli che sono stati somministrati alla regina però, si sa, che il virus ha un telepass esclusivo e supera qualunque casello vaccinale. Sua Maestà non si fa mancare proprio nulla. Non bastavano i guai sessuali di Andrea, risolti con un mucchio di sterline, si sono aggiunte altre vicende di vile denaro che hanno portato a giudizio l'erede designato Carlo, c'è stata la morte di Filippo, non trascurabile l'esilio di Harry con la consorte americana. Su Londra torna lo smog, non quello terribile dei giorni di dicembre del 52 che uccise dodicimila cittadini nel giro brevissimo e feroce di una settimana, ma è l'aria pesante di una casa reale che sembra sempre l'unica depositaria mondiale della monarchia, con tutti gli annessi. La notizia della positività di Elisabetta II crea scompiglio, era prevedibile ma comunque porta pensieri grigi sul trono, su quello che, di colpo, potrebbe accadere. Ma Elisabetta spiazza ancora il mondo, di corte ed esterno, ha letto il responso del tampone, non si è per questo scomposta, ha continuato a sbrigare le faccende di casa, reale, ha spedito un messaggio di felicitazioni alla squadra britannica di curling che ha vinto l'oro ai Giochi di Pechino: «Invio le mie più affettuose congratulazioni al Team britannico femminile per l'eccezionale conquista della medaglia d'oro, alle Olimpiadi invernale di Pechino, seguendo all'argento ottenuto dalla squadra maschile». Parole di repertorio che vanno oltre il semplice messaggio di felicitazioni, la regina c'è, non è seriamente malata, non giace affranta nel letto, non è circondata da medici in consulto ansioso, restano aperte le persiane alle finestre del castello, accese le luci delle mille stanze, fiammeggiano i trecento camini. Elisabetta ha invitato i sudditi a preoccuparsi dello stato di salute di chi è bisognoso di cure, lei è privilegiata, ha fatto la guerra, conosce le vere sofferenze, cosa volete sia un test positivo? Boris Johnson ha però telefonato per avere notizie, lo stesso ha fatto Sadiq Khan, sindaco di Londra, Kate Middleton ha sospeso i preparativi per il viaggio diplomatico a Copenhagen, c'è fermento perché Elisabetta resta l'ultima scialuppa di salvataggio nella tempesta che ha sconvolto il Paese e non soltanto.

Stavolta c'è nebbia sul Canale ma il continente non è isolato, come si sostiene abbia titolato il Daily Mail negli anni Trenta. Stavolta si attendono notizie dal castello, si odono a distanza le parole dell'inno inglese: Dio salvi la regina. Più di così non si può.

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