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L'ultima sfida a Macron. È il rosso Mélenchon il "diavolo" nelle urne

Il leader della sinistra punta a scippare al presidente la maggioranza assoluta

L'ultima sfida a Macron. È il rosso Mélenchon il "diavolo" nelle urne

È già riuscito nell'impresa di riunire, per la prima volta, tutte le forze di sinistra: comunisti, socialisti, verdi e i suoi «insoumis», i ribelli anti-sistema, dal primo turno e in ogni circoscrizione. «Non era mai successo, dai tempi del Fronte popolare, della Liberazione e del Maggio '68», ha spiegato lui orgoglioso. È già riuscito a farsi leader della coalizione, la Nuova Unione popolare ecologica e sociale (Nupes), che sfida la corazzata «Ensemble» di Emmanuel Macron e ha molte più chance dell'estrema destra di Marine Le Pen. E adesso il nuovo leader della gauche, Jean-Luc Mélenchon, il radicale che a 70 anni è diventato l'idolo dei giovani, il più votato alle presidenziali nella fascia tra i 18 e i 34 anni, tanto da aver sfiorato il ballottaggio ad aprile (22% contro il 23% di Le Pen), vuole riuscire nel colpaccio. Obiettivo: derubare l'Eliseo della maggioranza assoluta e farsi eleggere primo ministro, costringendo Macron alla coabitazione, che farebbe del presidente un'anatra zoppa.

La Francia torna oggi alle urne per il primo turno delle elezioni legislative che rinnoveranno i 577 deputati dell'Assemblea nazionale (ma in alcuni Territori d'Oltremare si è già votato ieri). E la super-star rossa JLM, leader della «France Insoumise», ha già raggiunto un inatteso traguardo. Ha trasformato l'appuntamento di queste ore e il secondo turno di domenica prossima nelle elezioni politiche più «aperte» degli ultimi vent'anni, quelle dall'esito meno scontato da quando è stato introdotto il quinquennio presidenziale (al posto dei 7 anni) nel 2002, da quando cioè le elezioni legislative sono state avvicinate alle presidenziali anche per favorire la governabilità. Da Jacques Chirac nel 2002 a Nicolas Sarkozy nel 2007, da François Hollande nel 2012 a Emmanuel Macron nel 2017: tutti i neo-presidenti, dopo l'investitura, hanno ottenuto con facilità la maggioranza assoluta alla Camera bassa. Ora, invece, arriva l'indocile Mélenchon, voce critica della sinistra e sua anima populista, a minacciare il presidente in carica. L'uomo che invoca «la rivoluzione dei cittadini» e chiama a raccolta «gli arrabbiati non fascisti» - fâchés pas fachos - nei sondaggi è a un soffio da Macron. La coalizione «Ensemble», che comprende Renaissance (nuovo nome de La Republique en Marche, il partito del presidente), il Modem di François Bayrou e Horizons dell'ex premier Edouard Philippe, è data al 28%, secondo l'ultima rilevazione Ipsos, mentre la coalizione dell'estrema sinistra guidata da Mélenchon è al 27%. Il blocco di Marine Le Pen viaggia intorno al 19%, un record storico per l'estrema destra ma non sufficiente per fare di Marine la nuova premier di Francia. Ora il diavolo è Mélenchon. Davvero poco basterebbe a Macron per perdere la maggioranza assoluta (578 seggi) che pure resta una buona probabilità per il presidente in carica, la cui alleanza è accreditata tra i 275 e i 315 deputati.

Mélenchon promette età pensionabile a 60 anni, salario minimo a 1500 euro, blocco dei prezzi e affitti calmierati, ma non smette di far discutere per le sue posizioni, contro gli eccessi delle forze dell'ordine, la globalizzazione, il nucleare e la Nato. Un tweet in cui scriveva «la polizia uccide», dopo la morte di una donna sotto il fuoco degli agenti a Parigi, ha scatenato un putiferio nei giorni scorsi. Lui ha precisato: «Non sono mai stato contro la polizia, ma sono contro l'uso sproporzionato della forza». La prospettiva di entrare a Matignon lo ha reso più pragmatico, dopo le accuse di filo-putinismo e la convinzione che la Francia debba ritagliarsi un ruolo da Paese non-allineato. Se diventasse premier, l'adesione di Parigi alla Nato sarà ridiscussa dal Parlamento, ma l'uscita dal suo comando integrato non è all'ordine del giorno: «Non è condivisa a sinistra oggi». Sulla guerra in Ucraina ammette che «il responsabile è Putin» ma disapprova l'invio di armi a Kiev. Tanto basta, in ogni caso, perché la ministra della Transizione ecologica Agnès Pannier-Runacher definisca la sua ambiguità nei rapporti con la Russia e il piano di addio al nucleare, una «catastrofe per la Francia». Se non diventerà premier, Mélenchon non entrerà il Parlamento. Ha scelto di non correre da deputato. Tutto o niente. E a decidere il suo destino e il futuro di Macron saranno anche gli astenuti. Si prevede un nuovo record, intorno al 55%.

A votare potrebbero essere meno della metà dei francesi.

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