L'ultimo latitante "rosso": arrestato anche Di Marzio

L'ex Br era il solo dei 10 terroristi sfuggito al blitz di fine aprile. Il ruolo di Macron e Mattarella

L'ultimo latitante "rosso": arrestato anche Di Marzio

Prima l'asilo, poi la protezione politica. Un arresto finito nel nulla nel 1994 e la prospettiva di farla franca anche nell'ultimo tassello giudiziario datato aprile 2021, quel blitz transalpino promosso dalle autorità italiane e francesi che, col tempo, potrebbe portare all'estradizione delle 10 «ombre rosse» chieste indietro da Roma dopo l'insediamento del governo Draghi. Sette erano state arrestati a Parigi e rilasciati sotto controllo giudiziario in attesa dei ricorsi già annunciati, come gli altre due, costituitesi il giorno dopo.

Il destino di Maurizio Di Marzio sembrava però segnato da un lasciapassare eterno. Si era rifatto una vita a Parigi come altre decine di riparati Oltralpe grazie all'ombrello della Dottrina Mitterrand. E non si era fatto trovare né si era consegnato nei giorni seguenti ai blitz del 28 aprile scorso. Il meccanismo oliato a dovere dalla profonda intesa di ruoli tra i due Guardasigilli Marta Cartabia e l'omologo francese Éric Dupond-Moretti si era inceppato. A Parigi dicono che la situazione in bilico, relativa alla prescrizione che riguardava Di Marzio, aveva prodotto segnali di rassegnazione in certi apparati, e che le ricerche erano state messe di fatto in stand by. Ieri è però arrivato l'arresto di Di Marzio, ex colonna romana delle Br. A dare il via libera all'esecuzione del mandato d'arresto per il 61enne è stato il presidente della Repubblica Emmanuel Macron, fresco di rinnovata amicizia con il Belpaese; in nome di un già evocato «bisogno assoluto di giustizia delle vittime», e fors'anche grazie alla recente visita di Sergio Mattarella all'Eliseo. Fondamentale, la collaborazione dell'intelligence italiana.

L'hanno preso a Parigi. Dove i cannoni della propaganda di una certa sinistra intellettuale, zittita ieri dal decisivo blitz che ha seppellito anni di ambiguità politiche da parte degli inquilini dell'Eliseo, sono pronti a dare battaglia. Nell'udienza in tribunale di Marina Petrella&Co., la pasionaria della France Insoumise Danielle Simonet dichiarò sostegno alla ex brigatista condannata all'ergastolo. Poi due appelli su Libération per chiedere per tutti gli ex terroristi un'amnistia. L'ultimo firmato il 5 maggio da una trentina di personalità, fra cui i cineasti Costa-Gavras, Jean-Luc Godard e Valeria Bruni-Tedeschi (sorella di Carlà, che mise nel 2008 convinse il marito presidente Sarkozy a non estradare la Petrella).

Come gli altri, Di Marzio è stato a lungo in libertà da condannato. La Corte d'appello francese, favorevole all'estradizione dopo il fermo dell'agosto '94, non vide il governo di allora firmare il decreto. Né in seguito nel 2002, 2007 e 2013. Una completa libertà che ha permesso al molisano di aprire un bistrot nel X arrondissement di Parigi, il «Baraonda». E di subodorare la retata dello scorso aprile, «palesemente allertato» da una ben radicata rete di amicizie. Ex Br, Pac, Lotta Continua, Nuclei armati di contropotere territoriale. Figli e nipoti di vecchi brigatisti condannati in via definitiva per reati commessi durante gli Anni di Piombo, per lo più scappati dall'Italia per non finire in carcere.

Di Marzio deve scontare una pena residua di 5 anni e 9 mesi per banda armata, associazione sovversiva, tentato sequestro di persona (del vicecapo della Digos Nicola Simone nel 1982) e rapina. Entro mercoledì la Corte di Parigi deciderà sulla sua custodia cautelare o, com'è successo alle altre «Ombre», rilascio sotto controllo giudiziario.

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