La decisione arriva a 48 ore dal precipizio del no deal, dopo l'ennesimo dibattito lungo e logorante, in cui il Consiglio europeo straordinario, riunito per la tredicesima volta sul dossier Brexit, concede al Regno Unito, con voto all'unanimità, il secondo rinvio della data del divorzio, fissata per il 12 aprile, ma lo fa nei termini e alle condizioni stabilite dai 27. La proroga non è quella chiesta da Theresa May, che è arrivata a Bruxelles insistendo su un'uscita «il prima possibile» (data ultima per lei il 30 giugno) mentre scaricava le colpe sul Parlamento inglese: «Avremmo potuto lasciare l'Ue, ma il Parlamento non ha approvato l'accordo e abbiamo bisogno di tempo extra per far passare l'intesa in Aula, cosa che ci consentirà di uscire in modo ordinato».
Ma già dalla vigilia del summit, definito «ultima chance per la Brexit», l'orientamento dell'Europa è apparso chiaro: rinvio lungo era l'indirizzo prevalente, «più lungo di quello chiesto dalla premier britannica», ha detto la cancelliera tedesca Angela Merkel, che ha precisato: «Il governo tedesco è dell'opinione che dobbiamo concedere una quantità di tempo ragionevole per raggiungere un accordo per una Brexit ordinata. A fare il duro, ancora una volta, è il presidente francese Emmanuel Macron, favorevole a un rinvio sotto i dodici mesi, che poco prima del Consiglio si è premurato di definire «non acquisita» la proroga lunga, dicendo che avrebbe ascoltato Theresa May «con impazienza». «Abbiamo un rinascimento europeo da fare e non voglio che la questione Brexit ci blocchi», spiega il capo dell'Eliseo.
Fermezza anche da parte del presidente dell'Europarlamento Antonio Tajani, che ha chiesto a Londra certezze sulla partecipazione alle elezioni europee: «Non possiamo accettare che siano considerate una sorta di gioco» con il Parlamento che rischia di avere «una composizione variabile. Il Parlamento è la casa della democrazia: non possiamo metterlo a repentaglio». I Brexiter sono pronti all'assalto in occasione del voto di maggio.
Il no deal, la Brexit disordinata e senza accordo, è scongiurata, almeno per ora, con il 12 aprile che incombe. Ma non è esclusa del tutto visto che, nel tempo della proroga, il Regno Unito dovrà trovare un'intesa con la Ue oppure uscire senza intesa nella data ultima fissata. Con la partecipazione alle elezioni europee che appare ormai scontata, a meno che - ed ecco il principio di flessibilità fissato dal Consiglio europeo - il Regno Unito non lasci prima del 22 maggio. L'opzione di uscita in ogni momento prima della data ultima è un'offerta lasciata agli inglesi.
Le condizioni poste dalla Ue, tuttavia, potrebbero peggiorare la situazione nel Regno Unito invece che migliorarla.
Perché Bruxelles si aspetta che Londra si impegni a non riaprire l'accordo firmato da Theresa May e non abbia più voce in capitolo su questioni cruciali come il budget e il commercio. Pane per i denti affilati dei falchi della Brexit, che avrebbero preferito il no deal a un rinvio rischioso, che potrebbe persino portare alla revoca della Brexit.
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