Conte apre al Mes e promette 50 miliardi. Ma non convince più nemmeno gli alleati

Come direbbe Renzi, Giuseppe Conte è «spompo». E non sa trovare la via di uscita dal vicolo cieco in cui si è infilato da solo

Conte apre al Mes e promette 50 miliardi. Ma non convince più nemmeno gli alleati

Come direbbe Renzi, Giuseppe Conte è «spompo». E non sa trovare la via di uscita dal vicolo cieco in cui si è infilato da solo.

Il tentativo di triplo salto mortale con avvitamento carpiato sul Mes, andato in scena ieri prima al Senato e poi alla Camera, finisce in modo piuttosto imbarazzante. Lunghi giri di parole, formule vaghe, aperture mascherate da chiusure. La voce tremula, l'eloquio incespicante, le proposte fumose. Con il centrosinistra, almeno nelle sue parti più lucide, che lo processa per la linea «insensata» (Emma Bonino, +Europa), «ambigua» (Riccardo Nencini, Psi), «strumentale» (Nadia Ginetti, Iv), «confusa» (Unterberger, Svp). Con il suo partito d'origine, i Cinque Stelle, in totale sbandamento, che annunciano ammutinamenti. Con il Pd, snervato dalla gestione sempre meno giustificabile della crisi e dal timore dei danni gravissimi alla nostra posizione negoziale in Ue e alla collocazione internazionale dell'Italia, che gli offre una difesa d'ufficio senza nessuna convinzione: «Basta lamenti e vittimismo, c'è più solidarietà europea ora che negli ultimi 20 anni», lo strattona persino il mite Delrio. E solo il micropartitino di Leu al suo fianco, perinde ac cadaver.

Intanto slitta al 29 aprile il voto del Parlamento sul nuovo scostamento di bilancio che aprirà la strada al decreto ex Aprile «da 50 miliardi», che diventerà decreto Maggio, e verrà varato in data imprecisata dal Consiglio dei ministri.

Il problema è che il premier, che domani parteciperà al vertice Ue, sa benissimo che lo «strafamoso Mes», come dice lui, è l'opzione più irrinunciabile sul tavolo. «Si tratta - gli ricorda Nencini - di 37 miliardi. Pochi, lei dice, ma sono la metà esatta delle sue due manovre anti-Covid». Addirittura «un quarto del bilancio della Sanità», incalza il capogruppo dem Delrio.

Anche perché i vagheggiati Recovery bond, se pure si trovasse un accordo, non sarebbero accessibili prima di una lunga fase procedurale. Il vertice di domani non sarà decisivo. Quindi Conte dovrà dire sì al Mes, assolutamente indispensabile all'Italia, ma non sa come fare e ha il terrore che la maggioranza gli esploda in mano. Così tenta di mascherare, smussare, camuffare. Far capire sì mentre strilla no. «La mia posizione rimane di assoluta cautela. Bisognerà attendere l'elaborazione delle condizioni, solo allora potremo discutere se il Mes può essere più o meno opportuno per gli interessi nazionali», si arrampica sugli specchi, ben sapendo che le condizioni sono già nero su bianco (i soldi vanno usati per l'emergenza sanitaria) e sono già state sottoscritte dal governo italiano. Poi fa capire che siccome «la Spagna, nostra alleata, si è già detta interessata» ad accedere alla linea di credito, l'Italia non può dire di no perché «rifiutare sarebbe fare un torto a chi ci affianca». L'alibi insomma è che, per generosità verso Sanchez, bisognerà accettare.

E infatti Emma Bonino, che interviene dopo il premier nell'aula del Senato, è durissima: «Lei non ha voluto il voto del Parlamento, oggi, per non rendere palese la confusione e divisione della sua maggioranza, che rende debolissima la sua posizione negoziale in Ue», esordisce. Poi affonda: «L'Italia non può fare da sola, come lei ha minacciato. A meno di non affidarsi a Pechino. Lasci ad altri questa guerra insensata e autolesionista contro il Mes, e basta lamenti contro la Ue che ci lascia da soli mentre mette migliaia di miliardi sul tavolo: abbia il coraggio di dire la verità». Durissimo anche il socialista Nencini: «Se da studente di diritto le avessi detto che si possono violare tutti gli articoli della Costituzione violati da questo governo, lei mi avrebbe bocciato». Anche nel Pd, per la prima volta, affiora un malessere sempre più profondo, e nelle riunioni che precedono la seduta i parlamentari che si susseguono al microfono lo dicono chiaramente: «Il governo è in confusione, serve una svolta: la rotta va corretta, in fretta». Intanto si consuma il dramma dei Cinque Stelle, destinati ad accettare il Mes o a spaccarsi irrimediabilmente.

Il senatore Perilli, mandato allo sbaraglio, spiega che «Conte ha fatto la voce grossa in Ue e porterà l'Italia ad imporsi su tutti». Alla Camera, il capogruppo Crippa dice: «Mes? Mai mai mai». E, senza capirlo, equipara l'Italia alla Germania nazista sconfitta: «Dovrebbero condonarci i debiti, come fecero con loro».

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