Attesi come la soluzione di compromesso sul capitolo più controverso del decreto fiscale, una quasi rinuncia alle manette come cura anti evasione. Punto di incontro tra l'ala giustizialista della maggioranza e gli altri.
Gli emendamenti del governo al decreto fiscale si sono invece rivelati una conferma della ricetta cara al M5s. Una ulteriore stretta, peraltro concentrata sull'anello debole del sistema Italia: le imprese, che già subiscono la concorrenza delle aziende oltre confine, favorite il più delle volte da un fisco meno oppressivo, da una burocrazia più leggera e da leggi amiche.
Nel testo del decreto concordato dal ministero della Giustizia e da quello dell'Economia viene confermata la «responsabilità da reato delle persone giuridiche», limitata ai casi previsti dall'articolo 2 del decreto legislativo 74 del 2000, cioè alla dichiarazione fraudolenta mediante uso di «fatture o altri documenti per operazioni inesistenti». Invece di restringere il campo di applicazione (magari per andare incontro ai settori della maggioranza più garantisti, o semplicemente a chi pensa che la lotta all'evasione si faccia in altro modo) l'emendamento allarga l'ambito di applicazione ad altri tre tipi di reati: alla «dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici», al «delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili» e alla «sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte».
Su queste tipologie di reato erano già previsti inasprimenti sulle persone fisiche. Nonostante i dubbi sull'efficacia e la protesta di settori della maggioranza, sono stati confermate ed estese anche alle società sanzioni non tributarie che possono partire da 100 mila, fino a 774 mila euro.
La motivazione riportata nella relazione tecnica è che l'inasprimento «risponde a esigenze di coerenza dell'ordinamento, frustrate dalla previsione di un solo delitto tributario e non anche di altre gravi ipotesi delittuose in materia, dalle quali la persona giuridica può trarre un beneficio». Poi per seguire le raccomandazioni dell'Ue, che chiede ai paesi membri «un sistema sanzionatorio efficace».
Di parere opposto i commercialisti. Si prevede una «ulteriore sanzione amministrativa che si aggiunge a quella tributaria (quella penale riguarda invece le persone fisiche) che appare di dubbia legittimità per il principio del no bis in idem» (non si puo essere processati due volte per lo stesso reato), ha spiegato Maurizio Postal, consigliere del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, con delega al Fisco.
L'emendamento modifica anche un'altra misura contestata del decreto fiscale, la confisca per sproporzione, senza eliminare l'anomalia ribadita ieri da Postal. Una «misura estrema» pensata «per i delitti a stampo mafioso che non pare opportuno estendere in un sistema economico che deve funzionare secondo regole anche repressive, non straordinarie. E che non possono risultare del tutto estranee al quadro internazionale».
L'alleggerimento delle pene prevista dall'emendamento governativo riguarda l'inasprimento che il decreto fiscale prevede per i delitti di dichiarazione infedele e di omessa dichiarazione.
Poi sono state lasciate immutate le soglie di punibilità per i delitti di omesso versamento.Gli sforzi di chi ha cercato di mitigare la stretta, in primo luogo Italia viva di Matteo Renzi, si sono concentrati su questo capitolo, lasciando passare un ulteriore giro di vite sulle imprese.
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