Rappresentare la Terra, descrivere il territorio, trovare il modo di rendere comprensibile e tramandabile una rotta. O semplicemente mappare confini. È questa la sfida che l'uomo si è posto attraverso la cartografia, sin dall'antichità. Ed è stata una delle sfide più complicate e complesse. Una sfida che ha influenzato molti aspetti del nostro sviluppo culturale, come spiega la nuova iniziativa editoriale de il Giornale.
Per introdurre il tema ne abbiamo parlato con la professoressa Ilaria Luzzana Caraci, docente di Storia della geografia e delle esplorazioni geografiche all'università di Roma Tre e che è stata anche coordinatore del Centro Italiano per gli Studi storico-geografici (Tra i suoi molti saggi ricordiamo: Colombo vero e falso e Al di là di altrove: storia della geografia e delle esplorazioni, entrambi editi da Mursia).
Professoressa Luzzana Caraci, ma quanto è antica la storia della cartografia?
«L'idea delle mappe è antichissima. Nasce dal bisogno dell'uomo di rappresentare il mondo circostante, di rappresentare ciò che vede. Quindi, il punto di partenza è la rappresentazione del paesaggio. Uno degli esempi più antichi di carta è una tavoletta neo babilonese conservata al British Museum e nota come reperto BM 92687. La tavoletta rappresenta proprio la vista a giro di orizzonte attorno a Babilonia. Saranno invece, secoli dopo, i greci a dare alla geografia e alla cartografia una prospettiva più scientifica».
Come?
«A iniziare la riflessione furono i pitagorici. I discepoli di Pitagora teorizzarono che la Terra dovesse essere una sfera, perché la sfera è il solido perfetto e quindi l'uomo, la creatura più perfetta, doveva vivere per forza su una sfera. Se nella fase precedente la geografia era più che altro enumerazione di luoghi, i greci iniziarono a ragionare per nessi causali. Eratostene di Cirene (276 a.C. 194 a.C.) trasformò la cartografia in scienza e, per primo misurò, con grande esattezza la circonferenza della terra. Da allora cartografia e geografia sono strettamente legate».
Non è semplice trasportare su un piano lo spazio curvo della Terra. Chi ha risolto il problema?
«Sempre i greci. Sono stati loro a creare l'idea del planisfero. Loro anche l'idea di dividerlo in meridiani e paralleli. Il geografo Claudio Tolomeo (100 d.C. 175 d.C) ha realizzato un planisfero basato sull'idea della proiezione conica. Matematicamente evolutissimo per l'epoca. Molte delle indicazioni di latitudine riportate nella sua Geografia sono precisissime. Un po' meno quelle dei meridiani e della longitudine, più difficile da calcolare... Ma comunque è la prova che all'epoca c'erano procedimenti cartografici avanzati».
E poi nel Medioevo?
«Nel medioevo le carte sono una cosa diversa, la trasposizione grafica di concetti teorici, non uno strumento scientifico. Solo nel 1400 è stata riscoperta la Geografia di Tolomeo e, quando è tornata a diffondersi, ha ripreso forza la cartografia come la intendiamo noi. Uno dei primi impieghi dei riscoperti principi matematici è stato nella cartografia nautica. Nelle carte nautiche, nei portolani, è fondamentale che la rappresentazione, riproduca fedelmente gli angoli e le distanze di rotta. Nelle carte antiche, di questo tipo, spiccano le moltissime rose dei venti usate proprio a questo scopo. Quello che a lungo è rimasto complesso è stato calcolare con esattezza i meridiani. Si è riusciti a farlo solo quando sono stati inventati orologi nautici efficienti. Orologeria e geografia in questo caso sono andate a braccetto».
Si svilupparono sistemi di proiezione come quello del geografo Mercatore...
«La proiezione cilindrica di Mercatore (1512-1594) forniva carte accurate per le latitudini in cui era più comune la navigazione, e si è diffusa nel secondo '500, un secolo che ha prodotto carte bellissime. Poi sul finire del '600 si è sviluppata la grande rivoluzione della cartografia geodetica che si è affermata definitivamente nel '700. Mentre le esplorazioni allargavano i confini del mondo la cartografia diventava sempre più una scienza esatta».
Cos'è?
«Un sistema per produrre le carte sfruttando il principio della triangolazione. Il sistema ha consentito di creare le prime carte terrestri ad alto grado di precisione. È stata una vera e propria rivoluzione. È iniziata così la cartografia su grande scala. Per quanto riguarda l'Italia la prima grande zona cartografata è stata il Lombardo Veneto, grazie agli austriaci nel 1833, per avere una cartografia completa della penisola invece bisogna aspettare il 1900».
Un risultato enorme se si considerano i limiti tecnologici dell'epoca
«Sì erano lavori di rilevamento e di calcolo immani. Oggi è tutto diverso, possiamo contare sul telerilevamento e sulla fotografia satellitare. E soprattutto sul Gis, il Geographic Information System. Ci consentono di vedere il mondo non solo di mapparlo».
Una carta per essere letta ha bisogno sempre dei giusti riferimenti culturali
«Certo a partire dal verso di lettura. Nelle nostre mappe il Nord è in alto. Non è automatico.
Ci sono mappe antiche, come quelle arabe dove in alto è posizionato il Sud. Ma al vertice può stare anche l'Ovest o l'Est. Un esempio notissimo è il così detto Mappamondo di Fra Mauro, uno dei più belli del Quattrocento, nella parte alta c'è il Sud».
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