I parlamentari M5S più "ortodossi" partono all'attacco di Luigi Di Maio. Non piace lo "spostamento a destra" del governo, determinato dalle continue bordate di Matteo Salvini sul tema dell'immigrazione ma ci sono malumori anche per il troppo potere detenuto dal capo politico del Movimento e delusioni di vario genere per le nomine dei presidenti di Commissione.
"Il Movimento è nato per cambiare il Paese, ora non ci sono più scuse. Voglio ascoltare i consigli, non voglio i piagnistei, ora dobbiamo pensare a lavorare", dice Di Maio, passando al contrattacco. "Adesso - aggiuge - dobbiamo fare i fatti e cambiare il Paese, siamo al governo e i fatti li fanno anche i parlamentari che devono lavorare nelle commissioni e approvare le leggi". Il ministro del Lavoro, difende anche il lavoro del premier: "Conte sta dimostrando tutto il suo valore in questo momento, anche nei confronti di un’Europa che ti porta “lo spartito” già scritto". Ma stavolta i pentastellati più critici alzano la testa e, per bocca della senatrice Elena Fattori, chiedono una modifica delle regole dal momento che"Sarebbe più saggio e costituzionale cambiare il nostro statuto e il nostro regolamento per condividere alcuni poteri oggi concentrati nelle mani di Di Maio". Gli "ortodossi" del M5S criticano il fatto che Di Maio, divenuto ora vicepremier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, mantenga anche il ruolo di capo dei pentastellati. Ruolo che gli consente di decidere anche sulla nomina dei capigruppo.
Tra i critici, oltre alla Fattori, ci sono i senatori Paola Nugnes e Nicola Morra, il deputato Andrea Colletti e il neopresidente della commissione Cultura della Camera, Luigi Gallo, molto vicino a Roberto Fico. Per placare gli animi dei 'più ribelli' agli ortodossi sono state concesse molte presidenze di commissione a parlamentari come Giuseppe Brescia, Carla Ruocco, Marta Grande e Giulia Sarti (oltre al già citato Gallo). Nell'alveolo degli "ortodossi", sottolinea il Corriere della Sera, si contanto anche Elio Lannutti, come Alessio Villarosa, Daniele Pesco e Laura Castelli. Poi c’è il gruppo dei cani sciolti, che conta molti eletti nell’uninominale. Tra i neoeletti Gianluigi Paragone, Emilio Carelli e Andrea Roventini, esclusi da qualsiasi incarico governativo, sono sempre più critici verso Di Maio e la direzione intrapresa dall'esecutivo. Roventini, ieri, ha attaccato duramente la Lega affermando che "pace fiscale e flat tax sono una follia. Aumentano le disuguaglianze e non favoriscono la crescita".
Alessandro Di Battista, formalmente appoggia Di Maio, definito "un leone", ma aggiunge: "È fuorviante incentrare tutto il dibattito sull’immigrazione mentre gongolano delinquenti e banchieri senza scrupoli".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.