M5s, altro giallo sui soldi I candidati «scomparsi» ora rinunciano all'elezione

Cecconi e Martelli non avevano restituito parte della paga da parlamentari. La resa di facciata

Miracolo, sono riapparsi Andrea Cecconi e Carlo Martelli. Erano due-tre giorni che i parlamentari M5s, ricandidati anche alle prossime elezioni, erano desaparecidos. Cellulare staccato, profilo Facebook oscurato e contatti con i sostenitori interrotti, il tutto dopo che il blog a 5 stelle li aveva segnalati per non aver restituito parte della paga da deputato e da senatore. «A seguito di alcune segnalazioni sulle rendicontazioni dei portavoce del Movimento 5 Stelle è emerso che Andrea Cecconi e Carlo Martelli - si legge nel post - non erano in regola con le restituzioni. Hanno immediatamente proceduto ad effettuare il versamento al Fondo del Microcredito e sono stati segnalati ai Probiviri». Un accusa pesante per un grillino, soprattutto se vicinissimo al leader del movimento Luigi Di Maio, come Cecconi. Così i due sono svaniti per quasi tre giorni, fino a ieri sera quando sono riapparsi riattivando i profili Facebook. E spiegando le loro ragioni. «Qualche giorno fa - scrive Cecconi - ho proceduto a effettuare il versamento al Fondo per il Microcredito per mettermi in regola con le restituzioni. Il ritardo è stato dovuto a motivi di natura personale, che penso che nessuno possa essere in grado di giudicare, e sui quali non mi dilungo. In particolar modo spero che abbiano il pudore di tacere gli esponenti dei partiti che si pappano un mega-stipendio, che viaggiano in auto blu, che hanno maturato il vitalizio e che si prendono anche un ricco assegno di fine mandato alla faccia della gente normale che non arriva a fine mese». Un lungo intervento quello di Cecconi, che si conclude con la rinuncia a candidarsi. «I probiviri decideranno sul procedimento disciplinare nei miei confronti e sulla sanzione da comminare. In ogni caso - annuncia - vi comunico che ho già deciso di rinunciare alla mia elezione. Il 4 marzo cederò il passo e andranno avanti gli altri candidati che trovate nel listino». Rinuncia che, sotto un profilo giuridico, a questo punto non è possibile. Al massimo, dunque, i due potranno dimettersi dopo essere stati eletti, sempre che non cambino idea e sempre che le Camere votino a favore delle dimissioni. «Orgoglioso per le loro decisioni», è stato l'immediato commento del capo politico Luigi Di Maio.

Intanto, con le speranze di andare al governo ormai ridotte al lumicino, i 5 Stelle mettono le mani avanti. E nel mirino dei grillini finisce addirittura il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Se dopo le elezioni il Movimento fosse il primo partito ma il raggruppamento di centrodestra risultasse vittorioso, con tutta probabilità il presidente convocherà «chi ha più chance di formare un governo» dice alla radio Rtl 102.5 la candidata dei pentastellati alla presidenza del Lazio, Roberta Lombardi.

E se dovesse essere il centrodestra, Lombardi teme che il presidente sarebbe «più tentato di chiamare il leader della coalizione». D'altra parte, Mattarella appartiene «alla classe politica che ci ha lasciato il Paese nelle condizioni in cui è», scandisce la deputata, che lo vorrebbe «più incisivo nell'esercizio della funzione di garanzia».

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