«N on so come sia nata questa idea di un'intesa con i Cinque Stelle e in verità non so come possa crescere. Certo, se loro avessero le nostre posizioni su temi come l'immigrazione, allora il discorso potrebbe cambiare». Genesi, 7/12/2016. Quasi due mesi fa, a 72 ore dalla vittoria del No al referendum e dall'annuncio della ritirata strategica di Renzi, Matteo Salvini apriva le danze. Ora l'idea si muove: per un accordo tra quello che gli ultimi sondaggi indicano come il primo partito italiano e il suo progenitore populista. Il leghista, forse, pensa anche che Beppe Grillo abbia risposto all'appello. Il 23 dicembre, sul suo blog, il comico ha scritto: «Chi ha diritto di asilo resta in Italia, tutti gli irregolari devono essere rimpatriati subito, a partire da oggi». Un passo verso la Lega? Paolo Becchi, docente di Filosofia del Diritto all'Università di Genova, ha lavorato con i fondatori del Movimento dal quale si è spontaneamente allontanato. Ricorda: «Beppe e Gianroberto sull'immigrazione l'hanno sempre pensata così». Parole, retroscena. Fino al voto, i due faranno finta di darsele di santa ragione. Se le parole di Salvini sembreranno quelle di Grillo e viceversa (come accaduto al comico genovese nell'intervista rilasciata al Journal du Dimanche) è perché entrambi parlano lo stesso linguaggio, per lo stesso potenziale elettorato.
Intanto, su un secondo tavolo, entrambi fanno un altro gioco e trattano. Pronti a trovare un'intesa, subito dopo il voto. Magari su un tema forte come l'uscita dall'euro. Al lavoro c'è Davide Casaleggio. E come al solito David Borrelli, l'uomo del pasticcio a Bruxelles, è al suo fianco. L'eurodeputato trevigiano conosce ed è stato tra i primi a sondare nelle categorie imprenditoriali del Veneto gli umori dell'elettorato leghista. Serve pazienza, mentre dal blog di Grillo parte un attacco verso chi (due mesi dopo) rilancia l'ipotesi di un accordo M5S-Lega. Avvertimenti e post scriptum: «Salvini, Meloni, mangiate tranquilli. Il MoVimento 5 Stelle non fa alleanze con quelli che da decenni sono complici della distruzione del Paese». Giorgia Meloni non sta serena. L'alleata della Lega Nord, leader di Fratelli d'Italia, dice: «Un'alleanza di governo con il M5S dopo le elezioni mi pare francamente molto difficile. I grillini hanno votato esattamente come votava la sinistra». Il voto dei grillini è l'ultimo punto, fondamentale solo in apparenza, soprattutto se si parla di consultazioni interne in Rete. Più facile per Salvini spiegare o sperare che i suoi accettino l'intesa con Grillo. Più complesso per i Cinque Stelle? Solo in apparenza. «Si può fare, con una forzatura, l'occasione è imperdibile, per cambiare il Paese bisogna entrare a Palazzo Chigi», sostengono i pentastellati, quelli più di governo che di lotta. «Ma la Lega che c'entra? Loro vorrebbero fare con noi quello che Alfano fa con Renzi e Gentiloni. Se una forzatura va fatta, allora è meglio imporre un candidato che abbia esperienza amministrativa e scegliere Chiara Appendino candidata premier».
La discussione tra i vertici del Movimento è aperta, alternativa all'accordo con la Lega. Spunta un sondaggio interno: con la sindaca candidata alla presidenza del Consiglio, i voti per il M5S salirebbero di cinque punti percentuali, da 31,5 al 36,5%. «E allora a cosa ci servirebbe Salvini? Basta vedere un dato: Appendino ha visto salire il suo consenso di sette punti in sette mesi».
Per lei si pronunciò anche un leghista doc come Mario Borghezio, mentre il segretario del Carroccio diede il via libera al voto pro-sindaca per battere Fassino. Ora a Torino la Lega fa «opposizione dura, su tutto», dicono i grillini. Aspettando l'intesa il dilemma resta: populisti di lotta o di governo?
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