Reggere su Autonomia e Tav per evitare la capitolazione. La conferma della leadership di Luigi Di Maio nel Movimento cinque stelle si gioca su due passaggi: bloccare i lavori in Val di Susa per la linea dell'alta velocità Torino-Lione e bloccare il bagno di sangue per le Regioni del Meridione che sarebbe provocato dal via libera al progetto di autonomia targato Lega. Al netto della riorganizzazione dei Cinque stelle, che il vicepremier e il suo cerchio magico stanno portando avanti sui territori, la sopravvivenza politica del Movimento pare sia legata alle prossime due battaglie.
Il fronte della dissidenza interna si è compattato: non ci sono solo più il presidente della Camera Roberto Fico e Alessandro Di Battista. Alle due voci critiche, si è unita quella di Davide Casaleggio. Il diktat del figlio del fondatore del Movimento è stato preciso: «Luigi deve difendere gli ultimi due fortini nella battaglia politica del Movimento». Evitare la resa. Dopo aver accettato il Tap, aver perso la verginità sull'immunità per Salvini sul caso Diciotti, essersi piegati ai burocrati europei, al Movimento restano solo due battaglie: Tav e Autonomia. Fronti di guerra su cui Di Maio, all'indomani della scoppola alle ultime elezioni europee, era già pronto a cedere. Poi c'è stata una leggera retromarcia. Che è conseguenza del blocco che si creato tra Casaleggio jr, Di Battista e Fico.
E non c'è solo un ragionamento politico alla base del pressing su Di Maio. Ma soprattutto numerico: il M5s ha fatto il pieno di voti al Sud. Consensi che gli garantiscono una nutrita pattuglia di parlamentari. Molti dei quali vicini al presidente della Camera: Luigi Gallo, Doriana Sarli, Rina Di Lorenzo, Matteo Mantero, Vincenzo Presutto, Nicola Morra, Dalila Nesci. Deputati e senatori che potrebbero essere decisivi nel passaggio parlamentare sull'Autonomia. Mentre ieri il Movimento ha espulso dal gruppo di Palazzo Madama la senatrice Paola Nugnes («Ora si dimetta dal Senato», rincarano dai 5s). Elena Fattori potrebbe essere la prossima. E non è un caso che Fico abbia difeso l'espulsa e rivendicato la centralità del Parlamento sul tema dell'Autonomia. Ben consapevole di poter orientare la linea del ministro del Lavoro, tirando uno sgambetto all'alleato del Carroccio. Chi si batte invece contro ogni ipotesi di prosecuzione dei lavori in Val di Susa è Alessandro Di Battista. Anche se in questo caso, la forza parlamentare del Dibba è meno determinante rispetto a quella del numero uno di Montecitorio.
Però c'è la spinta mediatica e politica contro il capo dei Cinque stelle. Di Maio è a un bivio: difendere le ultime due roccaforti politiche del Movimento, rischiando però di andare a casa, oppure consegnarsi tra le braccia di Matteo Salvini. La sensazione è che il leader del Movimento voglia fare come Ponzio Pilato: lavarsene le mani. Consegnando la patata bollente nelle mani del presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
E infatti il capo del governo è andato in soccorso del vicepremier, annunciando di volersene occupare in prima persona. Scelta che fa capire quale sarà la rotta: via libera a Tav e Autonomia. Di Maio salverà, cosi, la poltrona nel governo. Ma avrà sancito il suicidio politico.
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