Il problema non riguarda i numeri, che non sono in discussione e su cui non vi è alcun dubbio. La questione sarebbe tutta politica: se il Movimento 5 Stelle uscisse davvero dall'Aula in occasione del voto di fiducia al Senato sul decreto Aiuti si potrebbero aprire scenari inevitabili. La data cerchiata in rosso è quella di giovedì 14 luglio: a Palazzo Madama i grillini potrebbero decidere di abbandonare l'Aula piuttosto che votare un pesante "no". Ma le conseguenze sarebbero del tutto imprevedibili.
I numeri
Le ansie non sono dettate dal fattore numerico, visto che la maggioranza sarebbe comunque larga anche senza il sostegno del M5S. Al Senato su 321 componenti ve ne sono 62 in quota Movimento 5 Stelle, numero ridotto in seguito alla scissione innescata da Luigi Di Maio con diversi approdi nel nuovo gruppo Insieme per il futuro: con i pentastellati la maggioranza può vantare sulla carta 276 voti, ma con con l'eventuale assenza dei 5S scenderebbe a quota 214 (i voti necessari sono 161). Il divario resta enorme, visto che l'opposizione si fermerebbe a 45.
Anche alla Camera i numeri non sarebbero in bilico. Il Movimento conta 105 deputati su 630: allo stato attuale la maggioranza può vantare 630 voti, mentre senza l'appoggio dei pentastellati andrebbe a 455 (i voti minimi richiesti sono 316). L'opposizione resterebbe a 70. A quel punto i 5S potrebbero valutare l'opzione appoggio esterno, ma il premier Mario Draghi è stato chiaro: "Questo è l'ultimo governo di legislatura in cui sono premier". Dunque ci sarebbe una crisi.
L'ombra della crisi
L'imbarazzo del Movimento nel votare il dl Aiuti riguarda la presenza di una norma che getta le basi per la realizzazione del termovalorizzatore a Roma. Senza dimenticare il giro di vite al reddito di cittadinanza e al Superbonus 110%. Ecco perché i grillini stanno valutando di uscire dall'Aula: a loro giudizio non si metterebbe a repentaglio il governo, ma in realtà sarebbe una mossa politica in grado di aprire una forte instabilità.
Dunque, sottolinea il Corriere della Sera, il problema sarebbe profondamente politico. Bisognerebbe infatti vedere quale sarebbe la reazione di Palazzo Chigi, che di certo non gradirebbe l'uscita dei 5 Stelle dall'Aula. Il non voto potrebbe essere visto come una vera e propria sfiducia, che potrebbe aprire la strada a una crisi di governo. I pontieri stanno cercando di evitare lo strappo, ma i toni e il livello di tensione non promettono nulla di buono.
Come riferito da La Stampa, all'orizzonte si vedono delle aperture ma restano delle fibrillazioni pesanti. "Abbiamo bisogno di un'uscita pubblica di Draghi, una dichiarazione con cui si concretizzi questa apertura", fanno sapere dagli ambienti contiani. Una mossa per convincere a votare la fiducia. Un segnale positivo chiaro che però, allo stato attuale, ancora non c'è.
Sullo sfondo Giuseppe Conte attende una risposta da Mario Draghi nei prossimi giorni: nel corso del faccia a faccia è stato presentato il documento delle priorità, temi dirimenti su cui ci si aspetta un cambio di passo rispetto alla linea attuale.
"Vogliamo risposte vere e risolutive entro luglio", ha avvertito il leader del Movimento. Il quale sa benissimo che, in caso di rottura, metterebbe una pietra tombale sull'alleanza con il Partito democratico. E così Enrico Letta potrebbe dire addio al sogno del nuovo Ulivo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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