Il M5s riprende le redini. E la Lega è al traino

Di Maio guida l'assalto ad Atlantia e riesce a smarcarsi dallo strapotere di Salvini

Domenico Di Sanzo

Roma Questa volta il Movimento Cinque Stelle non è intenzionato a fare passi indietro. Se si esclude l'imprenditore Arturo Artom, vicino a Casaleggio, contrario alla revoca della concessione ad Autostrade per l'Italia, i pentastellati sono decisi a muoversi come una falange compatta. Un deputato conferma: «La linea del governo è chiara, il premier Conte e il ministro competente Toninelli lo sono stati altrettanto, la revoca è un tema non negoziabile». Ed è la stessa voce che arriva dalle chat dei parlamentari del M5s, intasate di messaggi bellicosi nei confronti della società di proprietà della famiglia Benetton.

Venerdì è arrivato il primo fatto, dopo il Consiglio dei ministri straordinario sulla tragedia del Ponte Morandi di Genova. Le manovre sono pilotate direttamente dalla cabina di comando di Palazzo Chigi, con lo staff di Conte (Rocco Casalino su tutti) a tessere le fila dell'attacco grillino ad Atlantia. Il premier, sempre venerdì, ha annunciato l'avvio delle procedure di revoca con un comunicato molto duro. «Il disastro è un fatto oggettivo e inoppugnabile - ha dichiarato Conte - e l'onere di prevenirlo era in capo al concessionario su cui gravavano gli obblighi di manutenzione e custodia». Con tanto di dibattito infuocato tra Autostrade e il ministero di Porta Pia guidato da Toninelli sulle responsabilità delle verifiche sull'infrastruttura inaugurata nel 1967. E la guerra ora potrebbe coinvolgere anche altre società private concessionarie di beni pubblici.

C'è chi osserva, cinicamente, che il crollo del ponte a Genova potrebbe rappresentare un'opportunità per il M5s, da troppo tempo schiacciato dall'attivismo di Matteo Salvini. Gli stessi maliziosi notano una Lega «in seconda fila» sulla battaglia contro Autostrade. Costretta ad andare a rimorchio di Di Maio e soci dopo momenti di freddezza tra gli alleati, se non di tensione.

Il genovese Edoardo Rixi, fedelissimo di Salvini e viceministro alle Infrastrutture, nei giorni scorsi aveva auspicato una soluzione che potesse evitare la revoca della concessione. Questa è la linea «morbida» propagandata da quasi tutto lo stato maggiore leghista, compreso Giancarlo Giorgetti, sottosegretario di Conte, descritto come «abbastanza freddo» sull'ipotesi di una guerra totale ad Atlantia.

Così, prima dell'accelerazione grillina delle ultime 48 ore, Salvini è stato costretto a barcamenarsi tra proclami al veleno e ghirigori sull'effettiva possibilità di una revoca della concessione alla società Autostrade. Proprio mentre Conte, Di Maio e Toninelli non arretravano di un centimetro, in un crescendo di dichiarazioni da campagna elettorale permanente su imprecisate lobby, e illazioni, poi rivelatesi false, su fantomatiche sedi di Atlantia in Lussemburgo.

Il ministro dell'Interno, invece, ha parlato prima di concessione semplicemente «da rivedere», per poi rivendicare la compattezza dell'esecutivo gialloverde sull'avvio delle procedure di revoca. Attaccando: «Hanno scritto che il governo frena, falso, il governo accelera e revocherà le concessioni. No non siamo al mercato». Ma il pedale dell'acceleratore, per una volta, lo hanno premuto i grillini.

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