Macché morto, dopo 36 anni gli danno la caccia

MilanoAltro che morto. A Maurizio Baldasseroni, terrorista rosso e assassino per futili motivi, lo Stato italiano non ha mai dato la caccia davvero. E quindi potrebbe essere tranquillamente a godersi la latitanza in Perù o da qualunque altra parte del Sudamerica che trentasei anni fa inghiottì lui e il suo compagno Oscar Tagliaferri, fuggiaschi dall'Italia.

Per Baldasseroni, un familiare aveva presentato la richiesta di dichiarazione di morte presunta, il modo più sicuro per garantirsi che nessuno gli avrebbe mai più dato la caccia. Ma ieri un giudice deposita il provvedimento che dice che nulla dimostra che il latitante sia passato a migliore vita. E chiede alla Procura di cominciare finalmente a dargli la caccia.

Nella memoria della Milano di piombo, i nomi di Tagliaferri e Baldasseroni ricoprono un posto particolare. Perché di delitti insensati le cronache di quegli anni ne riportano tanti, ma nessuno eguaglia in follia la strage di via Adige, dicembre 1978. Erano in un bar, i due estremisti, militanti entrambi di Prima Linea. Chiacchiere da bar, con avventori che neanche conoscevano, diventarono presto un litigio. I due andarono su tutte le furie. Isterici e ubriachi, tornarono nel covo dell'organizzazione, prelevarono dall'arsenale due fucili a pompa e ritornarono al bar, alla caccia dei clienti. Rimasero sotto i colpi tre lavoratori, tre padri di famiglia che il destino aveva messo sulla strada dei due rivoluzionari: Domenico Bornazzini, Pierantonio Magri e Carlo Lombardi.

Quel massacro di tre cittadini comuni rimase un mistero finché a raccontare la vera storia di via Adige non arrivò Mario Ferrandi, anche lui di Prima Linea, ovvero l'autonomo col passamontagna calato che in una foto indimenticabile spara durante un corteo sulla polizia. Ferrandi raccontò che i due, una volta smaltita la sbornia, avevano cercato la protezione dell'organizzazione. Ma cosa vi avevano detto quei tre poveretti?, venne chiesto loro. «Avevano contestato che a Porta Romana noi potessimo fare quello che volevamo», «a quel punto non ci abbiamo visto più». Davanti a tanta follia, anche Prima Linea decise di espellere i due. A Tagliaferri e Baldasseroni venne spiegato che se fossero rimasti in circolazione la loro pelle non era al sicuro.

Non se lo fecero ripetere due volte, e sparirono dall'Italia. Per dove? Nel macello di quegli anni, nonostante la condanna all'ergastolo in contumacia, nessuno si occupò di ritrovarne le tracce. Che però riemersero da sole, in maniera misteriosa e un po' inquietante, dieci anni dopo, quando dal Perù arrivò la notizia che Tagliaferri e Baldasseroni erano stati fermati, guarda un po', in compagnia del neofascista veneto Giovanni Ventura, latitante per la strage di piazza Fontana. Il governo di Lima prima confermò, poi smentì e la cosa si fermò.

Nei mesi scorsi, un lontano parente di Baldasseroni ha chiesto al tribunale, per poter vendere una casa intestata al fuggiasco, che

sia dichiarato morto. Ma ieri il giudice Ilaria Mazzei non ci sta: « ci sono elementi che inducano a ritenere che lo stesso latitante possa essere effettivamente in vita». E ordina ai pm di iniziare a cercarlo sul serio.

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