Il decreto per ora rilancia soprattutto una serie di domande senza risposta. Tutto parte dai soldi. La precedente misura economica era stata annunciata come «potenza di fuoco da 400 miliardi» e sono arrivati pochi spiccioli. Il nuovo provvedimento ne vale 55.
La realtà, ovviamente, è che la volta scorsa il premier Conte aveva spacciato semplici garanzie di Stato per soldi veri. Ma anche con il nuovo decreto prevalgono le incertezze. Soprattutto sui tempi e l'approccio, che rimane il solito: diffidenza, specie verso le imprese, e burocrazia.
Molte misure sulla carta sembrano andare nel verso giusto, anche se magari un po' troppo timide. La forte pressione del mondo imprenditoriale ad esempio, ha permesso di portare a casa lo sconto Irap. Ma mancano certezze sui tempi in cui i denari promessi arriveranno davvero e sugli ostacoli burocratici. Sul fronto del denaro, preoccupa il fatto che nell'ultima bozza circolata manchino le coperture di molte delle misure. In più in oltre 700 pagine di date certe, non c'è mai una data sicura per l'arrivo dei soldi. Gli unici punti fermi sono i rinvi di tasse e cartelle esattoriali a settembre (ma non per tutti) e lo stralcio delle rate di Irap e Imu (ma quest'ultimo solo per alberghi e stabilimenti balneari). Per tutto il resto, c'è il rischio di un nuovo «Dl Ritardo».
Sul fronte delle procedure preoccupa invece la mancata semplificazione. È il caso dell'ecobonus: sulla carta una manna per l'edilizia, vista l'ampiezza dello sgravio al 110 per cento. «Nella pratica - spiega il docente di Politica economica Gianluca Timpone - si percepisce la volontà di limitare la platea dei beneficiari con paletti burocratici e requisiti particolareggiati». Il bonus per le ristrutturazioni anti sismiche, per fare un esempio, esclude le seconde case. Per capirci, significa che se fosse arrivato prima del terremoto, non sarebbe stato applicabile a gran parte delle abitazioni di Amatrice. Per l'ecobonus invece si inserisce la comunicazione all'Enea, la relazione di un tecnico e l'obbligo di un intervento che alza di due livelli la classe energetica. Così la «rivoluzione green» sbandierata da Conte rischia di essere affare di pochi. «In più - aggiunge Timpone - sarà possibile scontare il bonus, ma senza convenzioni con le banche sarà difficile».
Per i bonus edilizi e anche per i finanziamenti a fondo perduto, limitati alle pmi e di importi molto contenuti, è sicuro che ci vorrà tempo. Il decreto richiede infatti l'emissione di regolamenti appositi da parte dell'Agenzia delle entrate. Lo stesso per la cassa integrazione che risente della pesante eredità del precedente decreto. Ieri i consulenti del lavoro hanno svelato che l'assegno è arrivato solo a sei aventi diritto su dieci. E il sottosegretario all'Economia Antonio Misiani ha ammesso: «Il meccanismo non ha funzionato, cambiamo». Basterà l'anticipo del 40% e l'accordo per saltare la richiesta agli uffici regionali che ha letteralmente paralizzato le procedure?
Dalle imprese arrivano già i primi dubbi. «Un imprenditore nostro associato - racconta Nicola Spadafora, presidente di Confapi Milano - ha fatto richiesta delle nove settimane di cassa integrazione a partire dal 10 marzo, prima aveva messo i dipendenti in ferie a pieno stipendio. Il nuovo decreto però, regala cinque settimane di Cig in più solo a chi esaurisce il plafond precedente prima che entri in vigore la nuova norma.
Lui terminerà pochi giorni dopo e così si troverà a dover pagare 75 stipendi senza produrre. La verità è che, vietando i licenziamenti, il governo ha riversato sulle aziende il buco nel welfare che non riesce a coprire».
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