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Macron contro Zemmour ma Pécresse lo sorpassa

Il polemista: "Ebrei francesi protetti da Vichy". Il presidente: "Non falsifichiamo la storia"

Macron contro Zemmour ma Pécresse lo sorpassa

È senza precedenti. Una remuntada neogollista in soli tre giorni. E il fortino della «Macronie» si scopre vulnerabile. Ora che il centrodestra francese ha tarato il contagiri, trovando l'unità attorno al nome da presentare per la sfida all'Eliseo, gli scenari più ravvicinati raggelano la base del partito del capo dello Stato: se si votasse oggi, vincerebbe infatti Valérie Pécresse, candidata del centrodestra, nominata sabato dopo la vittoria al Congresso dei Républicains. Le chat di En Marche sono impazzite nelle ultime 24 ore, perché la presidente della regione Ile-de-France ha dato una scossa alla campagna per l'Eliseo 2022, imprimendo un'accelerata mediatica sui suoi temi: economia e sicurezza, in primis. E in un'ascesa rapidissima nei sondaggi, è ora accreditata del 20% al primo turno di aprile; solo 3 punti dietro a Emmanuel Macron.

Ad allarmare il «gregge» del capo dello Stato - come certi Républicains chiamano i militanti di un partito-persona inconsistente sul piano locale - è però l'altro dato, del sondaggio di Elabe per BfmTv e L'Express: per la prima volta, Pécresse è infatti data vincitrice delle presidenziali, al secondo turno, con il 52% e 4 punti di scarto rifilati a Macron. Scenario possibile, grazie ai voti degli elettori di Éric Zemmour e Marine Le Pen, che in parte convergerebbero su di lei in caso di disfatta delle estreme destre al primo appello.

Il presidente uscente tace, la portavoce di En Marche affida ai cronisti frasi tranquillizzanti: «Il presidente è sul campo, parla di pensioni, potere d'acquisto, servizi pubblici, interesse generale, non facciamo commenti sul resto». Vero. Macron ha ripreso il pellegrinaggio nella Francia più profonda, e ieri da Vichy ha bacchettato quello che fino a pochi giorni fa sembrava l'unico candidato in grado di batterlo. Rendendo omaggio ai deportati e onorando i parlamentari che si opposero ai pieni poteri al maresciallo Pétain nel 1940, Macron ha sfidato Zemmour sulla sua materia-feticcio: «Stiamo attenti a non falsificare la storia», ha detto a Radio France Bleu. Parlando, però, da capo dello Stato. Manca infatti solo lui in corsia 1 per le presidenziali. Gli avversari sono già ai nastri di partenza. Lui tarda a ufficializzare la ricandidatura, e Vichy si trasforma nella ground zero della battaglia per l'Eliseo. La base di En Marche fremeva per un segnale forte, solo parzialmente lanciato. Senza citarlo, e senza evocare le discusse parole di Zemmour - che sollevò una bufera a fine settembre spiegando che «Vichy ha protetto gli ebrei francesi e consegnato gli ebrei stranieri» - Macron tuona: «La storia è scritta dagli storici». Quindi «stiamo attenti a non falsificarla, confonderla, a fare revisioni, rispettiamola».

«È facile dire 50 anni dopo che è colpa della Francia», è invece la versione del polemista: «La Francia non è colpevole, la colpevole è la Germania». Basterà al presidente una tirata d'orecchie all'avversario che strizza l'occhio agli ultranazionalisti, per risollevarsi?

Ieri Macron ha dovuto far fronte pure alle dimissioni del ministro alle piccole e medie imprese Alain Griset, condannato a 6 mesi di prigione e a tre anni di ineleggibilità per dichiarazione incompleta o falsa della situazione patrimoniale. Aveva omesso di dichiarare parte degli averi e dei suoi affari. Ultima grana, è la polemica social che ieri sera ha infiammato Twitter dopo l'annuncio-choc dell'esecutivo: «Da domani, vietato ballare nei bar e nei ristoranti in Francia fino al 6 gennaio compreso».

Discoteche chiuse anche a Capodanno: in attesa di vedere al balletto per l'Eliseo il più illustre ospite, trasformatosi da semplice porteur del governo Hollande a protagonista, di una Francia che potrebbe metterlo alla porta.

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