«Non confondo i casseur con i cittadini che vogliono far passare un messaggio». Il presidente francese prende la parola dopo la guerriglia urbana scatenata a Parigi lo scorso sabato, quando un'orda di infiltrati con indosso un gilet giallo ha messo a ferro e fuoco gli Champs-Elysées, suggerendo al governo la caccia all'estremista di destra. Come si è visto, il movimento dei gilet è invece rimasto fedele a se stesso e alla sua natura trasversale, continuando nella giornata di ieri a protestare in tutta la Francia. Emmanuel Macron tende una mano per la prima volta: «Capisco davvero le aspettative e le frustrazioni, la rabbia strisciante, i rancori e l'amarezza dei cittadini per un potere che sentono indifferente». Ecco lo slogan. «Cambiamo insieme», scelto per il lancio del piano energetico decennale; che non prevede marce indietro sui rincari a diesel e benzina dal 1° gennaio.
Sembra più semplice fermare 12 reattori nucleari tra il 2025 e il 2035 che non la rabbia della classe media, utile a fare cassa. Arriva l'impegno a ridurre al 50% la quota di nucleare come fonte di approvvigionamento entro il 2035. La carbon tax resta e l'insofferenza pure (sostenuta dall'estrema sinistra, da Marine Le Pen e da una parte di socialisti e gollisti). In parallelo, il capo dello Stato annuncia da 7 a 8 miliardi da investire in fonti rinnovabili. «Entro il 2030, l'evoluzione del parco eolico sarà triplicata, la quota di pannelli fotovoltaici moltiplicata per 5. Svilupperemo anche l'eolica offshore». Un dialogo a cui «i giubbotti gialli» potranno partecipare.
«Nei prossimi tre mesi, voglio un dibattito nazionale che possa far parte dei territori», spiega Macron, convinto di poter «trasformare la rabbia in soluzioni» grazie a «consultazioni su larga scala». «Spero che i rappresentanti dei gilet gialli possano aderire». Per il momento, i «giubbotti» sono stati ricevuti dal ministro competente François de Rugy. Mano tesa dal governo al camionista Eric Drouet, promotore su Facebook degli eventi che hanno portato 290mila persone in strada la prima volta e 106mila sabato: per questo lui e altri gilet speravano in qualcosa di più. Invece portano a casa solo una tirata d'orecchie: «Ecologia o demagogia, bisogna scegliere», l'aut aut di de Rugy.
Il capo dello Stato insiste sulla chiusura di 12 reattori su 58 tra il 2025 e il 2035, cominciando nel 2020 con l'arresto definitivo dei due della centrale di Fessenheim: «Gli altri siti saranno specificati a breve». E ammette: «Stiamo parlando della fine del mondo e voi ci parlate della fine del mese difficile. Si è espressa una paura, essere lasciati indietro, pagare la transizione energetica senza benefici». Non bastano infatti gli incentivi alle auto elettriche per chi si è visto descrivere per anni il diesel come un investimento. Macron glissa. E la cancellazione della carbon tax non arriva. «Puntiamo alla costruzione di un modello economico che prende in considerazione le conseguenze del riscaldamento globale, un nuovo modello produttivo, educativo e sociale più giusto». Poi, il j'accuse: «Le energie fossili sono una forma di sottomissione alle forze straniere. Il prezzo del petrolio e del gas dipende da Russia, Arabia Saudita e Iran. Costruire un'uscita graduale è anche costruire la nostra sovranità».
La Francia si deve «disintossicare», «passare dal 75% di energia di origine fossile a produzione e consumo carbon free» nel 2050. Entro il 2022 chiuderanno le centrali a carbone.
In prospettiva, auto elettriche, carpooling (trasporto condiviso) e migliore isolamento degli edifici per risparmiare sulle bollette. «Non basta» dicono i gilet, pronti a nuovi blocchi. «Servono soluzioni per l'oggi, non catastrofismo climatico».
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