Macron manda a casa il capo delle forze armate

Il generale De Villiers si dimette dopo i tagli alla Difesa. Stop a sorpresa per la Tav Torino-Lione

Francesco De Remigis

«Nelle attuali circostanze non posso più garantire la durata nel tempo del modello di esercito necessario alla protezione della Francia e dei francesi». Firmato: Generale Pierre De Villiers. Eccolo il j'accuse dell'uomo che ha detto «No» a Macron e al suo volere. Ribellandosi ai tagli alla Difesa, il capo di Stato maggiore ieri ha motivato così l'abbandono: «Mi sono assunto le mie responsabilità presentando le dimissioni al presidente della Repubblica, che le ha accettate».

Marte contro Giove. Scenario mitologico-politico made in France. Meglio di un romanzo. Sessantasei giorni dopo l'elezione, e a 59 dall'assunzione del comando delle forze armate da parte del presidente, il neo-presidente non indietreggia dalle promesse. Fino a ieri, però, era una guerra di corridoio, resa pubblica dal generale creando così il primo vero «caso» dell'era Macron.

Lui, Emmanuel, 39 anni, se ne infischia delle segnalazioni delle alte gerarchie militari della Grandeur, negando risorse per rimpolpare un esercito che il generale dimissionario non giudica all'altezza delle sfide lamentando mancati investimenti.

Macron, che ha rilanciato la leva obbligatoria per tutti i francesi, è sempre parso in sintonia con le divise. Con i militari in particolare, che alla parata del 14 luglio per la ricordare la presa della Bastiglia lo hanno omaggiato con un medley inconsueto, ma apprezzatissimo dal presidente: le canzoni del suo gruppo preferito eseguite dalla banda, quelle dei Daft Punk. Ma, pur avendo marciato insieme sugli Champs Elysees, Macron e De Villiers, hanno condiviso un clima a dir poco glaciale. Finché la sera del 14 il generale pubblica su Facebook un post: «La fiducia». Senza nominare l'inquilino dell'Eliseo, sembrava una replica al piano di tagli alla Difesa: «Nessuno merita di essere seguito ciecamente», scriveva il capo delle forze armate.

Siamo dunque all'ultimo atto di una guerra sotterranea tra due titani, dichiarata dal governo meno di dieci giorni fa in un'intervista a Le Parisien, quando il il ministro dei Conti pubblici Gérald Darmanin annuncia che la Difesa dovrà attenersi al bilancio adottato sotto la precedente maggioranza, cioè 450 milioni di euro. La richiesta del governo, esplicita e ufficiale, costringe l'esercito a stringere la cinghia per evitare alla Francia il superamento del deficit fissato al 3% del Pil grazie al taglio complessivo di 60 miliardi di spesa pubblica nei prossimi 5 anni, promesso dal presidente: 4,5 quest'anno.

Apriti cielo. I primi fulmini di Marte, in un epico scontro tra il generale De Villiers e Macron, sono dunque partiti la scorsa settimana, quando la Corte dei conti ha indicato i tagli: per coprire le operazioni militari all'estero, l'esercito dovrà risparmiare sugli equipaggiamenti in patria. De Villers, dopo le proteste all'Eliseo, al Consiglio di Difesa e alla commissione Difesa dell'Assemblea Nazionale, viene bacchettato pubblicamente da Macron in due occasioni. Nei giardini dell'Hotel de Brienne, alla vigilia del 14 luglio, e dalle colonne del Journal du Dimanche: «Se qualcosa oppone il capo di stato maggiore al presidente, il capo di stato maggiore se ne va». Firmato Macron. Dimissioni arrivate a tempo di record e che dovrebbero scattare il 31 luglio.

Problemi di bilancio provocheranno anche «una pausa» (così si è espressa il ministro dei Trasporti Elisabeth Borne) sul progetto della Tav

Torino-Lione nell'ambito del complessivo riesame delle infrastrutture ferroviarie deciso dal presidente: le spese al momento superano di 10 miliardi i prevedibili ricavi e Macron non vuole più «fare promesse prive di fondi».

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