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Cutrupi a pagina 16
Come madre era già morta. Ben prima che la notte dello scorso 25 maggio, mentre dormiva, una pallottola le perforasse la tempia. Era già morta perché a impugnare la 9x21 che l'ha uccisa, dall'altra parte del letto, c'era sua figlia. Come madre era già morta perché le madri danno le radici e le ali. Meno di questo, è inutile essere state Dio per un giorno e avere dato la vita.
I brutti voti a scuola, il pc e il (...)
(...) cellulare negati, la punizione. Come se davvero potesse passare per degli oggetti ciò che non è passato per il sangue e per la carne. Come se davvero potessero essere degli oggetti a intromettersi nel «sacro» che ci scambia diventando due da un corpo solo. Uccidere la propria madre significa non essere mai venuti al mondo. Patrizia Crivellaro, solare, inappuntabile infermiera di 45 anni di Reggio Calabria, è stata ammazzata dalla sua bambina diciassettenne durante il sonno. Fatta fuori come un modello vecchio di smartphone che rifiuta di caricare le nuove applicazioni. Ma ancora una volta, non sono gli oggetti il problema. Il pc di oggi è il pallone degli anni Sessanta, una settimana senza connessione di adesso equivale al divieto per l'oratorio degli anni Cinquanta, erano contemplati perfino i ceffoni, ai tempi. E allora? La figlia di Patrizia ha tenuto testa agli inquirenti per cinque mesi. Dopo aver freddato la sua mamma ha perfino chiamato i soccorsi, si è inventata la versione di un delinquente che si era introdotto in casa. Cinque mesi di impassibile, gelida recita. Col padre accanto, un agente della Polfer al quale aveva sottratto l'arma per l'omicidio. Un signore prostrato, frastornato e forse in ultimo perfino sospettoso nei confronti di questa «estranea» dentro casa.
Ma chi sono i nostri figli? E chi sono i loro genitori? Piattaforme incompatibili che montano sistemi differenti. Non siamo più capaci di mettere al mondo. Né di starci. Eppure una volta esisteva un desiderio d'identità, sia per vocazione che per necessità. Si era una famiglia quasi senza sforzo o con sforzi che era normale sopportare. E c'erano confini e liti morbide e ruoli, e cose naturali. Ma la vita non è una faccenda per tutti quanti, evidentemente. Non più almeno. Pure da quella si possono prendere le distanze e non raggiungerla più. Lo scorso maggio, a Cosenza, un altro diciassettenne ha fatto fuori la sua mamma. Infermiera pure lei.
Rea, pure lei, di avere rimbrottato e punito il figlio per scarsi risultati scolastici e abuso di internet e altre beghe del genere. Prima che la polizia smontasse il suo castello di bugie, il ragazzo si era fatto fare un tatuaggio: «Nemmeno la morte ci può separare. Ti amo mamma»...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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