San Paolo Vamos bien, andiamo bene. Lo ripete ogni giorno Juan Guaidó, il presidente ad interim del Venezuela ma, dopo le tre marce in suo appoggio del 23 gennaio e del 2 e del 12 febbraio scorso, con 10 milioni di persone in piazza, più passa il tempo, più rischia di indebolirsi. Da un lato perché ieri, dopo avere assicurato che sarebbero entrati sabato 23 febbraio gli aiuti umanitari fermi da giorni al confine colombiano di Cucuta, una sorta di Lampedusa venezuelana, Guaidó ha annunciato «che se non sarà il 23, entreranno il 24 o il 25». Con un popolo allo stremo e troppe volte deluso dalle promesse poi non mantenute di leader di opposizione minacciati, arrestati, ricattati, corrotti, torturati o costretti a rifugiarsi all'estero dalla dittatura, è sicuro che anche un rinvio di sole 48 ore dell'entrata di farmaci salvavita e cibo ad alto contenuto nutritivo sarà usato da Maduro per dire che Guaidó «mente». Inoltre, secondo l'articolo 233 della costituzione chavista, il presidente ad interim Guaidó ha 30 giorni di tempo per indire elezioni e, in tal caso, il termine scadrà venerdì 22. Certo, il presidente ad interim non ha potuto indire le presidenziali perché nonostante i suoi reiterati appelli le forze armate continuano ad appoggiare la dittatura e ci sono altri 2 articoli, il 333 e il 350, su cui si basa la legittimità costituzionale del presidente ad interim.
È però pressoché sicuro che Maduro userà anche questo ritardo per gridare al «colpo di stato». Il problema maggiore, tuttavia, è che Maduro usa con sapienza ogni giorno in più. Prima sproloquiando che gli aiuti umanitari sono avvelenati. Poi annunciando che ci sarebbero 8mila franchi tiratori pronti a difendere la rivoluzione chavista con il sangue in caso di invasione yankee. Infine annunciando che a Cucuta - dove il miliardario Richard Branson sta organizzando un mega concerto con tra le altre star del calibro di Luis Fonsi, Anitta, Miguel Bosé, Juanes e Maluma per raccogliere 100 milioni di dollari in donazioni - il suo regime di concerti ne organizzerà addirittura due. Proprio lo stesso weekend in cui Guaidó aveva assicurato l'apertura agli aiuti per 300mila venezuelani a rischio di morte per denutrizione e malattie. Maduro, insomma, adesso vuole distribuire 20mila casse di cibo statali Clap e fornire «assistenza sanitaria» ai venezuelani che «se la passano male in Colombia». Una presa per i fondelli. E un affronto a Bruxelles è stato fatto da Maduro l'altroieri, quando ha espulso una delegazione del Parlamento europeo dal Parlamento venezuelano, ultimo organismo non controllato dalla dittatura. Duro Antonio Tajani, presidente del Parlamento Ue: «Il regime di Maduro impedisce ai deputati di svolgere il proprio lavoro. Un'altra prova che è un dittatore.
Spero che il Consiglio Ue adotti misure di risposta in linea con questo nuovo oltraggio». Un messaggio non recepito dall'alto commissario per la Politica Estera e per la Sicurezza Federica Mogherini che ha invece comunicato l'invio a Caracas questa settimana di «una commissione tecnica della Ue».
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