Maduro senza opposizioni Adesso è vera dittatura

Parlamento dichiarato illegittimo, magistrati in fuga all'estero. Il caudillo non ha più freni

Maduro senza opposizioni Adesso è vera dittatura

Non c'era bisogno dell'ennesimo «venerdì di passione» in una Venezuela ormai in piena crisi umanitaria (4 i bambini morti di fame da Ferragosto) - con annessa chiusura del Parlamento e fuga in Colombia della Procuratrice Generale della Repubblica Luisa Ortega Díaz - per ribadire che il presidente Nicolás Maduro è uno dei peggiori dittatori latinoamericani visti negli ultimi 50 anni. Del resto che l'Assemblea Nazionale, così a Caracas chiamano il Parlamento, fosse defunta Il Giornale lo scrive da tempo, almeno da quando a fine aprile la Corte Suprema presieduta da un ex agente dei servizi segreti, il pluriomicida Maikel Moreno, aveva cancellato immunità parlamentare e tolto ogni funzione ai deputati colpevoli di un crimine grave in dittatura: non assecondare i deliri del líder máximo di turno. Quel primo colpo di stato giudiziario diede il la alla resistenza repressa dalla dittatura di Maduro nel sangue, con oltre 150 morti, 6mila arresti e 22mila feriti. Quintuplicati i prigionieri politici, passati in 4 mesi e mezzo da 139 a oltre 700 che oggi marciscono, senza processi né difese, nelle carceri venezuelane, tra le peggiori al mondo. Alcuni di loro costretti a mangiare pasta ed escrementi, altre violentate, il tutto debitamente documentato e oggetto di denunce depositate all'Aia. A quel primo golpe si era opposta Ortega Díaz, una chavista ma proprio perché poco incline a farsi condannare dal tribunale penale internazionale per coprire violazioni gravi dei diritti umani commesse da altri da allora perseguitata dal SEBIN, il violento e temibile servizio segreto, per ordine diretto dello stesso Maduro.

La Procuratrice Generale non era in scadenza di mandato, stava indagando i crimini della multinazionale brasiliana Odebrecht a Caracas ed era arrivata a individuare i bonifici, miliardari, trasferiti da Brasilia via paradisi fiscali caraibici su numerosi conti di Maduro e del suo entourage familiare. Anche per questo è stata costretta, con suo marito, il parlamentare Germán Ferrer, a fuggire via Aruba in Colombia. Altrimenti oggi sarebbe già stata legata dagli sgherri del SEBIN a un tubo di scarico dei bagni dell'Helicoide, il carcere dove Maduro fa torturare i suoi avversari politici, come l'alto magistrato Ángel Zerpa, 56enne che da 27 giorni beve solo acqua ed ha già perso dieci chili. O magari sarebbe scomparsa come il generale Raúl Baduel, il militare che salvò Chávez nel golpe del 2002 ma che per rifiutarsi di gridare «patria, socialismo o morte» e di svendere il Venezuela alla Cuba castrista, da 10 giorni è desaparecido, portato chissà dove dal SEBIN.

Sul regime dittatoriale del Venezuela, a differenza di Italia e Francia dove gli stessi che anni fa difesero il terrorista rosso Cesare Battisti oggi appoggiano il presidente torturatore assassino Nicolás Maduro e sulle sue prossime, prevedibili mosse, in Florida non c'è nessuno che si stupisca. Del resto, dei due milioni di venezuelani già fuggiti da Caracas in quella che è la diaspora più grande dell'America latina degli ultimi 50 anni, oltre un quarto sono approdati proprio in questa parte di Stati Uniti, un tempo feudo esclusivo dei cubani in fuga dalle delizie castro-comuniste.

E così Doral, città della Florida in costante crescita, è stata addirittura ribattezzata Doralzuela e le migliaia di venezuelani fuggiti dalla fame ed i soprusi del paradiso in terra del socialismo bolivariano hanno trovato per Maduro un simpatico alias, ovvero il Pinochet di Caracas.

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