Altolà dell'Ncd a fughe in avanti di Renzi e compagnia su un ricalcolo delle pensioni con il metodo contributivo per permettere una flessibilizzazione dei rigidi paletti in uscita dal lavoro stabilita dalla riforma di Mario Monti ed Elsa Fornero. È un tranquillo mercoledì pomeriggio a Palazzo Madama e l'Aula sta discutendo il documento del governo alla base del decreto pensioni che da agosto restituirà parzialmente (in realtà solo un misero 12% medio del totale dovuto) la mancata indicizzazione degli assegni previdenziali dal 2012 in poi.
La relazione dell'esecutivo è composta da due scarne paginette nelle quali, in buona sostanza, si spiega ancora una volta che se fossero stati restituiti i circa 17 miliardi dovuti ai pensionati il deficit/Pil quest'anno salirebbe dal 2,5% al 3,6% e l'Italia incorrerebbe in una procedura di infrazione da parte della Commissione Ue. La relazione di maggioranza fa propria la tesi e a rafforzarla interviene anche il viceministro dell'Economia, Enrico Morando. Non è una presenza che passa inosservata: alla Camera - dove ieri si è svolto un analogo dibattito (273 sì e 128 no alla risoluzione filogovernativa) - l'esecutivo non ha speso un nome così «pesante». Al Senato, dove i numeri sono ballerini, invece c'è da convincere la maggioranza a serrare le fila.
La dichiarazione di voto del presidente della commissione Lavoro di Palazzo Madama ed esponente di punta dell'Ncd, Maurizio Sacconi, si trasforma in un programma politico-economico. «Di quale ricalcolo su base contributiva stiamo parlando? Sappiamo fin d'ora che la Corte Costituzionale mai accetterebbe discussioni sul ricalcolo delle prestazioni già erogate o - insisto - di quelle erogande, che cioè coinvolgono persone alle quali non sarebbe dato il tempo di recuperare operosamente un improvviso peggioramento della loro condizione reddituale». Sacconi allude alle ipotesi vagliate dal premier Matteo Renzi e fatte circolare da ambienti vicini al presidente dell'Inps, Tito Boeri. In pratica, poiché il pagamento delle pensioni in essere prevede un intervento di circa 100 miliardi annui da parte della fiscalità generale, ricalcolando tutto con il metodo contributivo introdotto dalla riforma Dini del 1995 si risparmierebbero circa 45 miliardi all'anno, un gruzzoletto che consentirebbe a coloro che vogliono ritirarsi in anticipo di uscire dal mercato del lavoro, ricevendo un trattamento leggermente inferiore rispetto a quello cui avrebbero diritto. Una possibilità preclusa dal Salva-Italia di Mario Monti.
«La Corte Costituzionale mai accetterebbe una Norimberga delle pensioni, ma solo limitati prelievi di solidarietà», ha aggiunto Sacconi. Ieri la relazione del governo al Senato è passata con 133 voti favorevoli e 100 contrari, ma sulla carta la maggioranza dispone di un esiguo vantaggio numerico di soli 9 senatori. Se scontentasse Ncd-Area Popolare, che dispone di 36 senatori, Renzi cadrebbe.
Il decreto sulle pensioni approderà in Aula alla Camera mercoledì 24 giugno.
Nella commissione Lavoro di Montecitorio il presidente Cesare Damiano ha fatto approvare emendamenti che prevedono una rivalutazione minima anche per i rimborsi assegnati dal dl e che aumentano di 220 milioni gli stanziamenti per i contratti di solidarietà. Per Renzi domare i leoni di questo circo Barnum non sarà per niente facile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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