"Mai sottovalutare i segnali: il campanello d'allarme scatta molto prima dei lividi"

La psicologa di Doppia Difesa avverte: "Minacce verbali? Non sono solo parole"

"Mai sottovalutare i segnali: il campanello d'allarme scatta molto prima dei lividi"
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A volte la denuncia di una violenza sembra un atto eccessivo, altre arriva troppo tardi o non arriva proprio. "Ma va sempre fatta, sarà poi la giustizia a capire se è fondata o meno" sostiene Grazia Stocchino, psicologa della fondazione Doppia Difesa, voluta dalla senatrice Giulia Bongiorno e sostenuta da Michelle Hunzinker.

Le persone vicine a Pamela sapevano delle botte, dell'aborto, delle minacce. Ma come avrebbero potuto denunciare?

"Gli elementi per una denuncia c'erano tutti. Ma la denuncia va voluta anche dalla vittima, altrimenti rischia di non essere efficace".

Si teme sempre di esagerare o, al contrario, di sottovalutare. La linea di confine è molto sottile.

"Non possiamo prevedere i comportamenti che precedono un epilogo drammatico. Ma non bisogna mai sottovalutare: il femminicidio è fatto di tanti momenti in cui si è sottovalutato qualcosa. Eppure tante donne sottovalutano e pensano: 'In fondo non ha fatto una cosa così grave'. Spesso le donne tendono anche a dare poco peso alle minacce: pensano siano solo parole, ci piangono sopra, ci litigano ma poi non agiscono, pensando che il giorno dopo sia passato tutto. Eppure frasi come: 'Se mi lasci uccido il tuo cane' o la sorella, sono il sintomo di un rapporto tossico".

Ma non è "troppo poco" per presentarsi in questura?

"La denuncia deve essere dettagliata. Io consiglio sempre di rivolgersi ai centri anti violenza dove un legale può aiutare a scrivere il testo nel modo giusto".

Quando scattano i primi campanelli d'allarme? Prima del primo livido?

"Molto prima! Se una donna di 29 anni sta per uscire con le amiche e si sente sempre dire: 'No, non puoi andare, non vestita così, resta con me' già non è sano. L'isolamento e il ricatto morale sono i primi elementi di un rapporto tossico".

Non sono attenzioni?

"Il nodo è proprio questo: confondere il possesso con le premure. Il problema è culturale. Del resto questa modalità di rapporto non appartiene a un passato così remoto. C'è ancora l'idea che la gelosia faccia parte dell'amore".

Quindi anche i regali non erano una manifestazione di amore?

"Li vedo piuttosto come un gesto per creare un obbligo, una sudditanza psicologica. Noi donne abbiamo combattuto per poterci realizzare, per la nostra libertà. E poi, dentro le relazioni, permettiamo che l'altro abbia totale controllo su di noi. Alla violenza si deve dire no in tutti i modi, anche quando è ben vestita e offre la cena in ristoranti lussuosi. La violenza è anche avere le chiavi di casa della vittima senza che le voglia".

Come ribellarsi da questo meccanismo?

"Il primo passo

è essere indipendenti. Economicamente soprattutto. Significa essere libere di andarsene alla prima violenza. Farsi pagare l'appartamento pur non volendo costruire un futuro assieme, può creare una sudditanza psicologica".

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