"Mai sparato a chi protesta". Ma in Iran è scontro continuo

Teheran nega di aver usato armi in piazza, i video però smentiscono. E il Canada chiede giustizia sull'aereo

"Mai sparato a chi protesta". Ma in Iran è scontro continuo

Beirut - Il giorno dopo gli scontri di piazza a Teheran e in altre città iraniane, la polizia nega di aver sparato proiettili veri contro i manifestanti durante le proteste per l'abbattimento del Boeing ucraino. Ma sui social circolano video compromettenti. Uno di questi sembra mostrare gas lacrimogeni usati contro i manifestanti e persone con ferite da arma da fuoco. Ma il capo della polizia di Teheran, Hossein Rahimi ha negato che le sue forze armate abbiano aperto il fuoco per reprimere le proteste e che hanno invece agito con «autocontrollo». «La polizia ha trattato le persone che si erano radunate con pazienza e tolleranza» ha precisato e ha avvertito che «coloro che intendono manipolare la situazione» affronteranno tutte le conseguenze dei loro atti.

Un altro video mostra presumibilmente i membri della Basij Resistance Force, che viene spesso utilizzata per reprimere il dissenso interno, attaccare i manifestanti e a un certo punto si sente uno sparo. Un altro ancora mostra una donna ferita a una gamba che viene portata via da persone che urlano e una pozza di sangue sul terreno. Ciononostante Rahimi insiste sul fatto che i suoi ufficiali non hanno sparato proiettili veri contro i manifestanti, come le forze di sicurezza a novembre.

Le proteste che hanno infiammato il Paese sono iniziate sabato, quando il comandante responsabile dell'arsenale dei missili dei Pasdaran il generale Amir Ali Hajizadeh, ha dichiarato che un suo militare ha sparato sul Boeing 737 dell'Ucraina International Airlines perché lo ha scambiato per un missile da crociera. In quel momento le difese aeree dell'Iran erano in allerta per un probabile attacco degli Stati Uniti, poche ore dopo che l'Iran aveva colpito due basi americane in Iraq.

Anche il portavoce del governo iraniano Ali Rabiei ha fatto sentire la sua voce. «In questi giorni penosi, molte critiche sono state rivolte alle autorità. Alcuni responsabili sono anche stati accusati di menzogne e tentativi di insabbiamento della vicenda, ma in tutta onestà non è stato così» ha tuonato. Rabiei ha poi promesso che il caso verrà affrontato con «trasparenza fino in fondo». Secondo il governo, dopo aver ricevuto le informazioni venerdì sera, il presidente ha convocato una riunione del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale e quell'incontro ha rivelato tutte le responsabilità. Rabiei ha poi liquidato come «lacrime di coccodrillo», il sostegno del presidente Usa Donald Trump ai manifestanti.

Intanto il primo ministro canadese Justin Trudeau chiede un'assunzione di responsabilità precisa a Teheran. A una commemorazione per le 57 vittime canadesi ha dichiarato che il loro Paese «non riposerà fino a quando non avremo la giustizia che le famiglie meritano».

Nel frattempo questo fine settimana, gli iraniani hanno incontrato alcuni personaggi che in passato hanno agito da intermediari con gli Stati Uniti. Domenica Rohani ha incontrato l'emiro in visita del Qatar e il ministro degli esteri pakistano. E il ministro degli esteri iraniano Javad Zarif ha fatto visita al nuovo sovrano dell'Oman.

In questo caos si aggiungono altre tensioni. L'ambasciatore iraniano a Londra è stato convocato dal Foreign Office per protesta dopo il fermo temporaneo dell'ambasciatore britannico a Teheran.

E anche le star dello sport si fanno sentire. Il capitano della nazionale di pallavolo maschile, Said Marouf, ha scritto su Instagram di sperare che l'Iran abbia visto il suo «ultimo spettacolo» di «inganno e stupidità».

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