Vincenzo Capuano, lei ha mai sentito parlare del presepe woke?
"Io woke non so nemmeno cosa voglia dire. So solo che dentro alla capanna ci stanno una mammà sola e un papà solo".
Eccola, la risposta napoletana più verace al presepe politicamente corretto. Altro che due madri, due padri. Dal 1840 i Capuano di Napoli costruiscono presepi artigianali (Vincenzo è la quarta generazione) e sanno bene che "la capanna non si tocca".
Niente mezzelune al posto della cometa, niente Gesù islamico e due mamme Lgbt?
"Ma di che parliamo? Il presepe è il presepe, resta così, come vuole la tradizione. Altrimenti diventa altro. Noi raccontiamo la storia di una famiglia, che, diciamolo, è già abbastanza particolare".
Sì, decisamente. Però per tradizione il presepe accoglie le novità sociali, vero?
"Certo, quelle vengono sempre inglobate, ma non dentro la capanna. Raccontiamo l'attualità: gli stessi re magi rappresentano tre continenti diversi. Però, in base alla tradizione napoletana, arrivano alla capanna a cavallo e non in cammello. Questo, ho capito, non è woke, come diceva lei".
E poi, ci dice un altro aspetto multietnico del presepe?
"Tra i personaggi ci sono tutti i popoli: ci sono i turchi, le dame georgiane, che rappresentano la cultura orientale, ispirata dalla visita di un ambasciatore ottomano a Napoli nel 1700. Tutti vanno a rendere omaggio a Gesù Bambino in armonia tra di loro".
Dopo Totò, Maradona, Massimo Troisi, chi sono le new entry di quest'anno?
"Abbiamo creato le statuine di Roberto Fico, che è appena diventato presidente della Regione Campania, e di James Senese, il sassofonista di Pino Daniele, grande artista napoletano".
Ogni anno c'è un tema portante dietro al presepe. Quest'anno che messaggio volete promuovere?
"Quest'anno vogliamo parlare della rinascita dopo le guerre, della pace dopo la distruzione, sperando che i conflitti finiscano".
Cosa pensa della moda dei villaggi natalizi laici al posto del presepe?
"Tutto quello che si può fare per la gioia visiva e dei bambini va benissimo. Ma è il presepe l'unico simbolo del Natale cristiano, quello attorno a cui si riunisce la famiglia. A Napoli non lo smontiamo mai".
Qual è il personaggio del presepe a cui è più legato?
"Il Benino. È un pastore che dorme. È il sognatore del presepe: se si sveglia, il fascino del presepe svanisce".
I suoi figli proseguiranno la tradizione?
"Sì, anche i miei nipoti. Hanno 25 anni ma sono cresciuti dentro i nostri laboratori. Poi alcuni si sono specializzati nella scultura, altri nella pittura ed altri ancora nella sartoria in miniatura".
Insomma, il presepe è super moderno?
"E si prepara a belle novità. Nel 2026 apriremo la scuola del presepe napoletano nella chiesa San Biagio dei Taffettanari. Faremo lavorare i giovani, levandoli dalla strada".