Di Maio asfalta i totem 5S: "Uno non vale uno, no a odio e populismi"

Il ministro degli Esteri azzera le tavole sacre del Movimento 5 Stelle: "Uno non vale l'altro". E nel suo gruppo "non ci sarà spazio per l'odio, populismo, sovranismo ed estremismi"

Di Maio asfalta i totem 5S: "Uno non vale uno, no a odio e populismi"

Siamo alla fine del grillismo. Con la scissione definitiva del Movimento 5 Stelle capitola una stagione politica caratterizzata dall'improvvisazione totale alla politica, senza un'idea ben precisa di futuro ma spinta dai molteplici "no" e dalle campagne di fango contro gli avversari. Ieri Luigi Di Maio l'ha spazzato definitvamente dal campo: non solo il M5S non rappresenta più la prima forza in Parlamento, ma i consensi per i grillini sono calati con il passare degli anni e continuano a non trovare un rilancio.

Le condizioni non lasciano presagire nulla di buono: è plausibile aspettarsi che l'addio del ministro degli Esteri provocherà un'ulteriore perdita di voti tra le fila grilline, anche perché i suoi fedelissimi sono tanti e hanno ricoperto un ruolo di rilievo nella comunità 5S. Tra l'altro la fuga si è consumata con uno strappo non indifferente: ieri Di Maio ha abbattuto una serie di mantra del Movimento, ha azzerato le tavole sacre che da sempre hanno contraddistinto la creatura politica di Beppe Grillo.

"Uno non vale l'altro"

Sfatata subito la teoria (folle) secondo cui uno vale uno. Una tesi che i pentastellati hanno utilizzato come loro marchio per differenziarsi dagli altri partiti. E va detto che ci sono riusciti, visti alcuni esempi di chi ha portato in Parlamento tra complottisti e negazionisti. "Uno non vale l'altro", ha scandito Di Maio. Che ha messo in evidenza l'importanza di affidarsi ai "migliori talenti" e alle "migliori capacità".

Il titolare della Farnesina ritiene che le esperienze e le capacità personali devono rappresentare "un valore aggiunto per le forze politiche" che si mettono a disposizione per governare il Paese. Non a caso uno dei fallimenti di Giuseppe Conte è proprio quello di non aver imparato dagli errori del passato, come dimostra la sua leadership debole che non è ancora riuscita a risollevare le sorti del Movimento 5 Stelle.

"No all'odio e al populismo"

Nel nuovo percorso politico intrapreso da Di Maio "non ci sarà spazio per l'odio, populismo, sovranismo ed estremismi". Un chiaro riferimento al passato del M5S che, specialmente in periodo di campagna elettorale, aveva sottoposto all'Italia una serie di soluzioni in chiave semplicistica: "È finita l'epoca dell'ipocrisia, chi sta provando a proporre soluzioni semplici a problemi complessi si sta staccando dalla vita reale".

Quanto all'odio, di certo non mancano casi nella galassia gialla: gli avversari politici sono finiti nel mirino dei 5 Stelle, che hanno messo i loro nemici in pasto agli odiatori da tastiera. Valanghe di insulti, fotomontaggi choc. Senza dimenticare l'ondata di livore che veniva riservata di fronte alla semplice notizia di un politico indagato (e non condannato). Ma va dato atto a Di Maio di aver cambiato rotta già da diverso tempo, come scritto nel suo libro Un amore chiamato politica: ha riconosciuto i suoi errori, ha chiesto scusa e ha voltato pagina.

No-vax e putiniani

L'emergenza Covid-19 e la guerra in corso tra Ucraina e Russia hanno toccato tutti i partiti. E lo stesso Di Maio non ha fatto mancare una stoccata: "Chi diceva di essere a favore della scienza ma strizzava l'occhio ai no-vax, chi diceva di essere dalla parte della sicurezza ma si opponeva al green pass, chi ospitava la democrazia e poi era fan di Putin". E pensare che negli anni passati sono emerse posizioni fortemente scettiche sui vaccini da parte del M5S.

Il rapporto con Draghi

Diciamolo senza girarci attorno: appariva impossibile ipotizzare il sostegno del Movimento 5 Stelle a Mario Draghi, da sempre etichettato come "l'amico delle banche" che doveva stare lontano dalle decisioni sugli italiani. Invece alla fine i grillini sono riusciti a sconfessarsi anche su questo.

Di Maio però ha detto di più: nel corso di questo anno e mezzo ha affrontato con il presidente del Consiglio "dossier delicati". Ed è diventato un suo fedele, tanto da rivendicare il suo essere draghiano: "È vero, faccio parte del suo governo e credo che il suo operato sia motivo d'orgoglio in tutto il mondo".

Il tutto ribadendo il totale sostegno: "Continueremo a sostenerlo con lealtà e massimo impegno". Chissà se farà la stessa cosa Conte, stretto tra la permanenza in maggioranza e la tentazione di trasferirsi all'opposizione per provare a recuperare qualche consenso.

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