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Di Maio democristiano dà ragione a tutti per accreditarsi coi big

Il leader M5s è atlantista con gli Stati Uniti, filo-Putin coi russi ed europeista con Macron

Di Maio democristiano dà ragione a tutti per accreditarsi coi big

Un colpo al cerchio e uno alla botte. Per legittimare i 5 Stelle nell'arena internazionale in vista delle elezioni politiche, Luigi Di Maio indossa l'abito dei vecchi democristiani. Come un camaleonte, il candidato premier dei grillini cambia colore a seconda del contesto, nella speranza di mettere tutti d'accordo. Si mostra atlantista negli Stati Uniti, senza rinnegare le inclinazioni filo-russe più volte manifestate dal suo partito. È europeista quando si rivolge, con una lettera aperta, al presidente francese Emmanuel Macron. E poco importa se i deputati grillini, a Strasburgo, condividono il gruppo parlamentare con l'Ukip, il partito anti-Ue principale sponsor della Brexit.

Forse a causa dell'apparentamento con gli indipendentisti di Nigel Farage nell'emiciclo presieduto da Antonio Tajani, il vicepresidente della Camera usa toni soft quando parla con la stampa d'oltremanica dell'imminente addio di Londra a Bruxelles. «Per noi, la Brexit non deve essere un'occasione per punire i britannici che hanno compiuto una scelta, o per danneggiare la Gran Bretagna», ha spiegato Di Maio in colloquio con il Sunday Times, che lo definisce leader di un movimento «euroscettico». Il vicepresidente della Camera plaude all'atteggiamento assunto dalla premier britannica in vista del divorzio dall'Unione: «Ho molto apprezzato che Theresa May sia venuta qui in Italia a dire che ci si prenderà cura della comunità italiana in Gran Bretagna». E poco importa se l'incertezza sui negoziati pesa sul futuro. Il Regno Unito «deve avere a disposizione tutto il tempo di cui ha bisogno per gestire il suo percorso verso l'uscita». Di Maio è uno che piace alle mamme, secondo il quotidiano inglese: «Il suo comportamento educato e la sua vita privata sobria potrebbero stimolare istinti materni in alcune fasce di elettori», si legge.

Nel restyling dei grillini in vista della campagna elettorale c'è spazio anche per l'europeismo, tutto concentrato nella missiva pubblicata da Di Maio giovedì scorso sul blog di Grillo, con destinatario Emmanuel Macron. Si legge che «il Movimento 5 Stelle non ha nulla a che fare con certe formazioni xenofobe e antagoniste che crescono un po' ovunque in Europa», anzi, «coltiva le soluzioni migliori per molti dei problemi» del vecchio continente.

Nella lettera al presidente francese quasi non si menziona la spinosa questione euro. Anche sulla valuta, i grillini preferiscono mantenere una furba ambiguità che non fa stare tranquilli i mercati internazionali. Ci sono soltanto poche righe su una presunta compatibilità tra i progetti del governo francese e quelli dei 5 Stelle riguardo la «governance della moneta unica». Meglio non scoprirsi troppo.

Di Maio raggiunge il massimo dell'equilibrismo quando discute di America e di Russia. La prima è un «alleato», la seconda «un nostro interlocutore storico», ha detto l'aspirante premier due settimane fa nel corso della sua visita a Washington. Il collega di partito Manlio Di Stefano, che si occupa soprattutto di politica estera e si è recato più volte a Mosca, si è schierato in favore dello stop alle sanzioni imposte dall'occidente al Cremlino. Il neo-leader, dagli States, ha deciso di aggiustare il tiro: «Sono uno strumento, come loro stessi dicono, ma dobbiamo capire se questo strumento sta funzionando».

Un colpo al cerchio e uno alla botte.

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