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Di Maio esulta, il M5s esplode. I siluri di Fico e Di Battista

I due big ammettono: "La peggior sconfitta di sempre". E scoppia la rivolta: "Incapaci di parlare alla gente"

Di Maio esulta, il M5s esplode. I siluri di Fico e Di Battista

Il giorno dopo, Max Bugani e Alessandro Di Battista sono i primi a far di conto. «Abbiamo perso 8 milioni di voti in due anni», dice il primo, consigliere comunale a Bologna e capo-staff del sindaco di Roma Virginia Raggi. Senza nominarlo attacca Luigi Di Maio per «i selfini gaudenti» per festeggiare la vittoria del Sì al referendum. Il più duro è Di Battista, che vuole candidarsi come capo politico agli Stati Generali e usa parole perentorie: «È la più grande sconfitta nella storia del M5s». Il day after è una grande seduta di autocoscienza collettiva. In un dibattito che è partito già dalla serata di lunedì, a spoglio in corso. A caldo è intervenuto Sergio Battelli, deputato presidente della Commissione Politiche Ue alla Camera, che appena appresi i risultati ha detto: «Il M5s oggi o cambia o va incontro a una crisi profonda e quando parlo di cambiamento parlo di cambiare tutto». Il parlamentare ligure ha spiegato che il M5s ha perso perché «non sa più parlare alle persone». Nella giornata dell'autocritica interviene anche il presidente della Camera Roberto Fico: «Il M5s ha perso le elezioni regionali», dice in una conferenza stampa dai contenuti prettamente politici. Stoppa sul nascere la tentazione di Di Maio di un voto-lampo su Rousseau: «Gli Stati Generali non siano una giornata spot», spiega. Fico parla di «un momento di grande di riflessione» da avviare con gli Stati Generali e di una «crisi di identità» dei Cinque Stelle. Il presidente della Camera dice di preferire «un organo collegiale», proprio nelle ore in cui si sono susseguite le voci di un Di Maio tirato per la giacchetta da alcuni parlamentari che lo rivogliono leader. Paola Taverna punta su delegati regionali scelti dagli attivisti per gli Stati Generali. E nei gruppi affilano le armi in vista dell'assemblea congiunta dei deputati e senatori convocata per domani. Nel frattempo è partita la ritorsione per i parlamentari ribelli sul «taglia-poltrone». Avviato il procedimento disciplinare per gli esponenti che hanno promosso il No al referendum.

Resta il crollo verticale dei consensi nelle regioni. Colpisce la Campania, regione di Di Maio e dello stesso Fico, dove alle politiche del 2018 il M5s aveva sfiorato il 50% e ora non riesce ad arrivare al 10%. Il confronto è impietoso anche con le regionali del 2015. All'epoca Valeria Ciarambino riuscì ad arrivare al 17,5 %. Un'altra regione fortezza dei pentastellati era la Puglia. Almeno fino a lunedì. Qui il Movimento due anni fa raggiunse il 44,9% e cinque anni fa alle regionali il 18,4%. Adesso Antonella Laricchia non va oltre l'11%. Quasi dimezzati i voti in Toscana. Dal 15,5% del 2015 al 6,4% di lunedì. Dimezzati i seggi, da quattro a due. Sempre confrontando i dati delle regionali, nelle Marche il M5s crolla. E passa dal 21,7% di cinque anni fa all'8,8%. Anche in Liguria, regione di Beppe Grillo, sono lontane le percentuali del passato. 30% alle politiche del 2018, 24,8% alle regionali del 2015, 7,7% adesso in coalizione con il centrosinistra. Disastrosa la situazione in Veneto, dove il Movimento non entra nemmeno in consiglio regionale. Il candidato governatore Enrico Cappelletti ottiene il 3,2%. Record negativo per la lista pentastellata con il 2,7%. Alle regionali del 2015 i grillini avevano sfiorato il 12%, con un picco alle politiche del 2018 del 24,4% e una prima battuta d'arresto alle europee dell'anno scorso con l'8,9%.

In una regione mai tenera con i 5 Stelle quello di lunedì è comunque il risultato peggiore da quando il M5s è in Parlamento.

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